Il Superstite

Il Superstite
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Massimiliano Governi è uno dei pochi scrittori italiani che lavora all’Opera, la sua è un laboratorio sul dolore, come questo ci appartiene e ci consuma. Da anni, e senza preoccuparsi del mercato, Governi, scrive piccole storie, di precisione geometrica, mostrandoci gli smottamenti provocati dal dolore, quasi stesse disegnando delle mappe, ogni volta più precise, e, aggiornandole, fornisce la posizione degli umani, che sono sempre degli archetipi. È troppo intelligente per non sapere che è una impresa enorme, dispendiosa e largamente utopica, eppure ci lavora, lo ha scelto come filo dell’orizzonte. L’ultimo capitolo di questa Opera è “Il Superstite” (edizioni e/o), dove c’è un uomo che ha perso l’intera famiglia in una rapina sfociata in massacro. Il superstite sta di lato, segue le cose, intanto sembra perdere anche l’altra famiglia: quella che ha costruito, scivolando in una bolla di assolutismo. Intorno: polli – da allevare e uccidere – come lavoro del superstite, e come simbolo, dell’essere vittime sacrificali e domestiche. Il resto, è un uomo di carta.  
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Il Mattino