L'infame violenza del compressore che ha quasi ucciso il ragazzino di Pianura non è un caso isolato. Devo ammettere che quando ho sentito la notizia sono rimasto senza...
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Ora possiamo lanciare alti lai sull'inarrestabile sputtanamento di Napoli. Possiamo piangerci addosso, fare le vittime, gridare alla congiura mediatico-nordista. Però mi chiedo, quanto contribuisce la popolazione di Napoli, per puro, sfacciato esibizionismo allo SputtaNapoli? In questi giorni, i parenti della vittima e del carnefice (soprattutto i secondi) non ci hanno risparmiato nulla dell'eterna sceneggiata napoletana. Si sono fatti intervistare senza pudore e, senza entrare nel merito delle loro spesso aberranti dichiarazioni, hanno dato spettacolo sui siti (già dal primo giorno), nei tg, nei programmi di intrattenimento. Pronti a lavare i panni sporchi in pubblico, senza scuorno.
Qualsiasi persona di buon senso, soprattutto se un proprio parente si fosse macchiato di un crimine così orrendo, si sarebbe chiusa nel silenzio, avrebbe esitato persino a uscire di casa, distrutta dalla vergogna. Loro no, ripetono le loro assurdità dovunque li chiamano, appena vedono un microfono o una telecamera. Danno spettacolo e innalzano ancora di più il muro del pregiudizio antinapoletano.
Ma non è solo il caso di Pianura. Accade quasi sempre. E i recenti episodi che hanno coinvolto Napoli, da Scampia al Rione Traiano, ne sono un esempio. L'unica famiglia che si è raccolta in un doloroso silenzio, senza apparire mai, rifiutando la ribalta, è stata quella del ragazzino ucciso dal fregio caduto dalla facciata della Galleria Umberto. Hanno tenuto a distanza la stampa. Oltre ai nomi, sappiamo solo che erano dei commercianti di Marano.
Di primo acchito, in questi casi, tutti puntano il dito contro la stampa. Sarebbero i cronisti, per colpevole sensazionalismo, a far scatenare l'esibizionismo di questa gente. Ma è davvero così? Senza mettersi a fare distinzioni tra giornalismo e intrattenimento, tra corretta informazione e caccia allo share televisivo, se un cittadino non vuole parlare non parla. Può tacere, per quanto sia marcato dai microfoni. Se parla senza freni, il primo responsabile è lui stesso.
Il punto è uno solo, invece: c'è una Napoli che non si vergogna di nulla. Citando per l'ennesima volta Karl Marx, la vergogna è un sentimento rivoluzionario. Chi si vergogna di se stesso prende consapevolezza della propria condizione e si attiva per cambiarla. A Napoli in troppi non si vergognano di nulla, neanche del male che fanno. Per questo ogni rivoluzione è impossibile e ogni cambiamento rischia di essere sommerso dalla melma lazzara.
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Il Mattino