L’idioma di Casilda Moreira

L’idioma di Casilda Moreira
Adrian N. Bravi, scrittore argentino di lingua italiana, da anni lavora sull’immaginazione ampliando vicende quasi reali, sta nel campo del veritiero e fuori dal...

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Adrian N. Bravi, scrittore argentino di lingua italiana, da anni lavora sull’immaginazione ampliando vicende quasi reali, sta nel campo del veritiero e fuori dal Palazzo della narrativa italiana, dalla sua noia. Ha la fortuna di avere un paese alle spalle (non dimenticato: l’Argentina) e il nostro davanti, e nell’unione dei due paesi riesce a scrivere libri dispari: usando le storie di ieri, la forza primitiva della Terra del fuoco, e la nostra lingua. Non è un caso che il suo ultimo romanzo “L’idioma di Casilda Moreira” (Exòrma Edizioni) si apra con una citazione di Ricardo Piglia, singolarissimo scrittore argentino, a rimarcare l’uscita dai ranghi. Bravi ha scritto un libro sull’amore per le lingue, soprattutto quelle sperdute, ultime, inutili, secondo i canoni del capitalismo, dove gli unici due esseri rimasti a parlare un’antica lingua che si credeva scomparsa – l’idioma degli indios günün a küna – Bartolo e Casilda: non si rivolgono la parola per via di una lite amorosa. A tentare il recupero e lo studio, va a Kahualkan, un ragazzo, Annibale, allievo del professor Montefiori, una specie di Eco stanco. Il resto è un libro-madrigale, riuscitissimo. 
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Il Mattino