L'impepata di cozze di Marianna Vitale e il Giallo d'Arles di Luigi Moio

L'impepata di cozze di Marianna Vitale e il Giallo d'Arles di Luigi Moio
L’impepata di cozze è stato il piatto dell’anno per noi del...

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L’impepata di cozze è stato il piatto dell’anno per noi del Mattino. Il motivo è nella grande capacità di coniugare tradizione e aggiornamento: c’è una citazione nell’uso della pasta mista con il pesce di Gennaro Esposito, un richiamo alla tradizione flegrea, e più in generale del Sud, con le cozze, la modernità data dalla spinta fresca e compensata dalla grassezza. Un piatto completo dunque, in cui si bilanciano toni dolci e amari, di diverse consistenze retto da una impressionante acidità. La dimostrazione di come la giovane cuoca sappia «scippare» le giuste suggestioni dalle sue esperienze conferendo al piatto finale un tocco di assoluta originalità. Dal punto di vista dell’abbinamento, la nostra scelta va in direzione di un vino, bianco ovviamente, altrettanto complesso. Certo, il Piedirosso di Contrada Salandra o di Agnanum andrebbe davvero bene, ma per un gioco di contrasto. Un vino come il Giallo d’Arles di Luigi Moio, invece, vedrebbe piatto e bicchiere in una gara al rialzo, sulla freschezza, sulla struttura e sulla complessità. Un rilancio insomma, magari poco tranquillizzante, ma sicuramente esaltante. L’aspetto che più mi esalta di questa magnifica abbinata è che parliamo di due realtà tutto sommato recenti della nostra gastronomia, con un ristorante stellato aperto da poco più di quattro anni e una grande azienda che ha raccolto la sua prima vendemmia appena dieci anni fa. Entrambe, ristorante e azienda vitivinicola, sono l’espressione di un progetto compiuto che affonda le radici nel territorio riuscendo ad interpretarlo in maniera non banale, soprattutto non in maniera museale, ma adottando un linguaggio artigianale capace di parlare anche fuori dalla Campania senza per questo lasciare spiazzati i palati tradizionalisti. Il segreto di ogni avanguardia che voglia davvero cambiare le cose senza isolarsi in un settarismo sterile, è quello di stare un passo, non dieci, davanti al senso comune. Chi riesce a trovare questo equilibrio passa anche per la piccola grande storia gastronomica italiana. Come Marianna Vitale e Luigi Moio.
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Il Mattino