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Torna in libreria “L’odore del sangue” (Bur) – a cura di Silvio Perrella – di Goffredo Parise, gigante della nostra letteratura, molto evocato, moltissimo saccheggiato dal cinema, ma poco letto, nonostante sia attualissimo. Scritto nel 1979, quando Parise pensava di morire, riletto e approvato nel 1986, due mesi prima di morire davvero, uscito nel 1997. Leggendolo viene da pensare a “Petrolio” di Pier Paolo Pasolini che pure uscì postumo. I due ebbero un rapporto pieno di curve, nei “Sillabari” il racconto “Antipatia” è per lui, ma Naldini dice che Parise pianse molto per la scomparsa dell’amico/antipatico. Il punto è la connessione di temi, il corpo al centro dei due romanzi, la sessualità che ancora oggi darebbe scandalo, e la violenza legata a quella sessualità. Spesso Mario Martone ha annodato i due libri, che meriterebbero un saggio, anche perché sono collegati dai fascismi, ai quali Parise e Pasolini arrivano da strade diverse, e poi ci sono le analogie che escono dalle pagine e diventano matassa, ma come rispose Parise a Montale: «Pareva questione di un attimo / afferrare il bandolo / invece / di colpo / fu troppo tardi».
Il Mattino