L'ombelico tedesco 

L'ombelico tedesco 
“The Observer”, qualche settimana fa, attraverso Robert McCrum, metteva a nudo gli scrittori inglesi raccontando come fosse difficile vivere di libri. Sulla “Zeit”, uno...

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“The Observer”, qualche settimana fa, attraverso Robert McCrum, metteva a nudo gli scrittori inglesi raccontando come fosse difficile vivere di libri. Sulla “Zeit”, uno scrittore tedesco, Florian Kessler, ha dato il via a un dibattito che va avanti da un po’, accusando scuole di scrittura che allevano figli di papà e scrittori ammaestrati al mercato, sovvenzioni (di cui ha usufruito) che mettono al riparo dalla sofferenza (vedi scrittori inglesi), e della mediocrità della scrittura tedesca che per brevità diremo ombelicale. In Italia, invece, i problemi inglesi (economici) e quelli tedeschi (sterilità creativa) si moltiplicano e coniugano in Sistema, dove non si discute, o se qualcuno lo fa (siamo pochissimi) viene visto come un mostro che attenta al lavoro delle serissime case editrici e dei loro direttori editoriali bravissimi, o che brucia le compitissime pagine di cultura che inneggiano a scrittori che non sanno nemmeno dare un incipit al loro piccolo pensiero. Risultato: nessuno chiede come fa uno scrittore a vivere in Italia e nessuno mette in discussione un Sistema che alleva in cattività scrittori mediocri che sognano solo di sedersi al cospetto di Fazio come se fosse la stanza dell'architetto di Matrix o lo studio medico di Céline. «Male, signor Anderson. Sono deluso, molto».
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Il Mattino