Lo Sbarbato

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Umberto Simonetta appartiene agli scrittori laterali, estremi, dispari e con troppo mondo, troppa lingua, troppe storie per un paese esangue come l’Italia. È stato...

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Umberto Simonetta appartiene agli scrittori laterali, estremi, dispari e con troppo mondo, troppa lingua, troppe storie per un paese esangue come l’Italia. È stato ispiratore di film per Dino Risi e Ugo Tognazzi, compagno di intuizioni per Paolo Villaggio e Giorgio Gaber, insomma uno “Troppo” per tutto: incontenibile, inclassificabile, al limite del raccontabile. Ogni suo romanzo è una banda a parte. Ora torna “Lo Sbarbato” (Baldini+Castoldi) dove le pagine fischiano, il bar torna centrale, i soprannomi rimandano al grande schermo, c’è la Mala, e c’è la Milano bene, in una anticipazione di quello che saranno Cochi e Renato o Beppe Viola. Perché Simonetta è una matrice che genera mondi, uno che apre piste, indica strade, e poi si perde per esuberanza, che sperpera con gioia, come solo Giancarlo Fusco. Ironia, leggerezza, grandi storie, mai spazio per il compiacimento, ecco Simonetta. Una voce per ogni personaggio, e poi la cara vecchia trama che oggi pare smarrita, e dentro un mondo che ora non c’è più, ma rimane inchiodato da chi sa scrivere.

 

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Il Mattino