Lunaria

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Ogni volta che leggo di Andrea Camilleri, delle lodi sperticate che partono tutte dal fatto che arriva in ogni casa e piazza libri su libri in classifica: penso a Vincenzo Consolo. Non voglio fare il giochino della contrapposizione tra l’alto e il basso perché ho ammirazione per Camilleri e per alcuni suoi libri, la questione è differente. Lo scrittore Consolo aveva un impasto letterario e una lingua composta che era fuori dal comune, ma apparteneva alla Sicilia meno vendibile. “Il sorriso dell’ignoto marinaio” è una opera così singolare che da sola si distacca dalla larga produzione della narrativa dominante oggi – per non dire di “Lunaria” opera ancora più complessa –, e viene da chiedersi perché Consolo sia morto due volte, come sono morti due volte scrittori del calibro di Giovanni Arpino e Luigi Meneghello. Forse parlano a dei morti, forse i loro libri sono così potenti per storie e lingua da spaventare i lettori, forse la trama delle loro frasi non è riducibile a un tweet, non lo so. Quello che so è che a rileggere Consolo, Arpino o Meneghello si capiscono più cose di oggi che a “guardare” un Montalbano. 
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Il Mattino