Ricominciare a vivere dopo il lutto: largo alle emozioni (e alle lacrime)

Ricominciare a vivere dopo il lutto: largo alle emozioni (e alle lacrime)
Si parla sempre meno del dolore della perdita. E i processi di elaborazione delle emozioni si bloccano al punto da richiedere, più spesso, l’aiuto di uno...

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Si parla sempre meno del dolore della perdita. E i processi di elaborazione delle emozioni si bloccano al punto da richiedere, più spesso, l’aiuto di uno psicoterapeuta. Di questo si occupa l’unico ambulatorio pubblico in Campania per «fronteggiare» il lutto, nel distretto 38 di Marano. Ventisette le richieste di assistenza nel 2018. Responsabile è Raffaele Felaco, dirigente dell’Asl Napoli 2 Nord e docente a contratto di psicologia sociale e dinamiche familiari dell’Università del Molise, che spiega i sentimenti su cui lavorare.


Rabbia. Intensa e difficile da riconoscere, spesso scaricata anche involontariamente sugli altri: può portare alla disistima verso se stessi, alla depressione, fino al suicidio. «Un modo per gestirla è elencare le caratteristiche della persona defunta che più ci mancano e, subito dopo, quelle che non ci mancano, per arrivare a un bilanciamento interiore», spiega Felaco.

Senso di colpa. È connesso alla sensazione di non aver fatto tutto il necessario, dalle opzioni terapeutiche alla ricerca del medico competente, ma si può star male anche nel non avvertire quanta tristezza che si presume dovrebbe essere provata. «Il confronto con la realtà, individuando le azioni effettivamente compiute, fa vacillare questa reazione», aggiunge lo psicologo.

Paura e ansia. La sensazione è di non riuscire a sopravvivere senza la persona cara, di non potercela fare da soli. Occorre, dunque, promuovere l’autostima, con un graduale lavoro. Invece, l’ansia di tipo esistenziale consiste nella paura della propria morte: per tenerla a bada, è utile parlarne.

Tristezza. Non bisogna rinunciare alle lacrime: sono liberatorie soprattutto se condivise. «Più del pianto stesso, ciò che è davvero importante è esperire l’affetto connesso».

L’assenza. Porta con sé un bisogno di riorganizzazione di ruoli familiari e sociali. «Sì a decisioni importanti poco tempo dopo la perdita ma con lucidità». dice Felaco.

Dare un significato. «Alcune perdite, specie se traumatiche, mettono in crisi la percezione di sé, per cui parte dell’intervento psicologico aiuta a ristabilire la consapevolezza di quelle aree in cui la capacità di esercitare un controllo è risultata efficace». Felaco avvisa: «Va trovato un nuovo “posto” alla persona defunta nella propria vita anche attraverso il racconto dei propri ricordi».

Il tempo. È necessario per adattarsi a vivere “senza”. Uno scoglio è il terzo mese dopo la morte, un altro è il primo anniversario, e poi i giorni di festa.

Ammettere le differenze. Tra i membri di una famiglia o in una coppia, ognuno vive il lutto a suo modo.

Analizzare le difese. L’ alcol riduce ansia e sonno, ma può portare alla depressione e arrestare il processo di adattamento alla perdita. Meglio puntare sull’ironia, e accettare il sostegno sociale. Da evitare vergogna, distrazione, negazione, solitudine e abuso di altre sostanze: non sono mai risolutive. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino