Prendete un tizio che urla, gesticola, si agita, si lamenta, che parla solo in dialetto, che addossa la colpa di ogni cosa agli altri...e poi ruba, fa il furbo, non rispetta mai...
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E' la napoletaneria, degenerazione infida della napoletanità. La napoletaneria che piace a tanti programmi televisivi, che fanno audience e raccolgono pubblicità. Quei programmi che indugiano su queste immagini, che raccolgono monotoni e sempre uguali ospiti in studio correttamente indignati, e ripetono inquadrature viste mille altre volte.
Napoletaneria che vende e sono campioni a sfruttarla Massimo Giletti, Barbara D'Urso, Paolo Del Debbio. Indignati speciali, pronti a massacrare chi si azzarda a dire che Napoli è "anche questo" è vero, ma "non è solo questo". Pronti a replicare: "Denunciamo quello che non va, di quello che va ne abbiamo parlato mille volte quando eravamo in Rai" (Giletti, citazione dotta e autentica). E' la retorica dell'antiretorica, il racconto su Napoli che non si sforza di approfondire, ma di selezionare il peggio, con un taglio che fa ascolti.
Ci si chiede spesso perchè i napoletani, in questa confezione preincartata in Tv, siano sempre e solo condannati a recitare a "fare i napoletani" anche se non ne hanno voglia, non amano urlare, né gesticolare, né dare la colpa agli altri, ma analizzano, si rimboccano le maniche, lavorano. Ma quel napoletano non esiste, non vende, non serve allo sfruttamento commerciale.
E' l'eterno contrasto tra la napoletanità di radici, storia, identità, rigore, e la napoletaneria becera da sottocultura, folklore, stereotipo e pregiudizio che anche Pino Daniele odiava. Una città come Napoli, così complessa, conosciuta in tutto il mondo, sempre sotto i riflettori e sempre fuori dalle righe non può essere ridotta a luogo comune. Ma i campioni della Tv urlata e indignata a comando non hanno tempo per questi ragionamenti. Contano gli ascolti, in un'Italia grande che vuole sempre e solo quel napoletano. Se si rende simpatico, perché recita se stesso, è meglio. E' il potere di chi ha il potere della comunicazione.
Purtroppo, però esiste tra i napoletani un'attrazione diffusa verso il basso, un passivo indugiare sulla napoletaneria che zittisce e sommerge chi vi si oppone. Napoli si dibatte nella confusione, nell'assenza di chi dia regole certe e le faccia rispettare nella convivenza quotidiana. Ma, se si lascia campo aperto al caos e alla lazzeria, si dà ragione ai campioni della Tv che credono che Napoli "sia solo questo". Pensiamoci. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino