Napoli, perdere e ritrovare

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Ieri mattina, ho perso lo smartphone. Mi è caduto dalla tasca mentre ero seduto dietro allo scooter con Sergio Siano. In famiglia passo per quello che perde sempre tutto. Esagerano, perché nella mia famiglia non perdono mai nulla. E pensano che quella sia la regola, invece la mia famiglia (tranne me) è un'eccezione. Negli anni ho perso (e quasi sempre ritrovato) diverse cose. A memoria ricordo il Moleskine a soffietto con tutti i documenti. Accadde a piazza del Plebiscito la notte che separava il 1999 dal 2000 (se non sbaglio si esibiva Lucio Dalla). Lo presi come un segno pirandelliano: cominciavo il nuovo millennio senza più un'identità. Andai a fare la denuncia dai carabinieri. Ma quando qualche giorno dopo rientrai a lavoro, trovai sulla segreteria telefonica (allora si usava ancora tanto) il messaggio di un gentile signore di Caserta (se non ricordo male era un medico) che aveva trovato i documenti. Lo chiamai e ci incontrammo a Caserta. Sette anni dopo, in Grecia, sul traghetto che portava da Ouranopolis, sotto il monte Athos, alla dirimpettaia penisola di Sitonia, mi accorsi di non avere più in borsa il portafoglio con carta di credito, molti contanti e i documenti. Andai nel panico. Scesi dalla nave prima che partisse e che partì senza di me. A terra non trovai nulla. Ma, dopo una mezz'ora, dalla nave mia moglie mi chiamò per dirmi che il capitano della nave aveva lanciato un messaggio ai passeggeri. Una signora che aveva trovato il portafoglio ci ridiede tutto in cambio di una mancia che in sostanza equivaleva al passaggio in nave per lei e per la figlia. Mi toccò ritornare a Sitonia con la nave successiva e il capitano, quando gli spiegai che cosa mi era accaduto mi fece viaggiare senza biglietto (che però avevo pagato per la nave che era partita senza di me). A conti fatti, mi andò molto bene. Due anni fa in Tunisia persi (o forse mi rubarono) un telefonino di riserva, nuovo di zecca (ma non caro). Me ne accorsi dopo ore e ore, dopo aver vagabondato tra le macerie di Cartagine e i cafè di Sidi Bou Said. Sperai di averlo dimenticato in albergo, ma mi sbagliavo. Riuscii a fatica a bloccare la scheda. Non l'ho più ritrovato. Per fortuna non l'avevano usato per fare telefonate intercontinentali. Ho perso per tre volte degli occhiali da sole (anche costosi) ai quali tenevo molto. La prima volta, appena comprati, mi erano caduti nell'auto lasciata in parcheggio all'aeroporto di Roma, quando stato andando negli Stati Uniti. Li trovai al ritorno, sotto il sedile. Anni dopo, mi caddero dalla tasca, sotto il portone di casa. Qualche gentile condomino le raccolse e le diede al portiere. Le vidi sul banco della guardiola ed ebbi uno scatto di gioia. La terza volta che li ho persi, un anno fa, non so dove sia successo. La mia speranza è che siano in un angolo misterioso di casa e che prima o poi verranno fuori. Mi illudo. Ieri, ho perso lo smartphone. Quando me ne sono accorto, dopo almeno un'ora, sono tornato a cercarlo, ripercorrendo la strada a ritroso. Niente e straniente, ovviamente. Così ho comprato una scheda con lo stesso numero che contemporaneamente ha bloccato l'altra sim card. Ho cambiato rapidamente più password che potevo. Quando ero a metà dell'opera, mia figlia ha chiamato mio figlio, dicendogli che un signore l'aveva contattata tramite WhatsApp perché aveva trovato il mio telefono e le aveva lasciato il proprio numero. L'ho contattato, sono andato da lui e me l'ha restituito. Era un artigiano dei Quartieri Spagnoli, gentilissimo, cortesissimo, giovane, con modi da perfetto gentleman. Era Napoli.
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Il Mattino