«L'operazione Ieo divide, e non solo in Italia». A sollevare il caso è l'AdnKronos Salute, contattando medici e ricercatori che hanno fatto carriera...
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In Italia il partito del «no» è guidato dal cda Ieo-Monzino, quello del «sì» dalla famiglia Veronesi; mentre oltralpe appare possibilista Carlo Maria Croce, a capo del Department of Cancer Biology and Genetics della Ohio State University, che definisce Ieo e Humanitas «abbastanza complementari e questo potrebbe aiutare gli uni e gli altri. Soprattutto, potrebbe aumentare l'interesse di Humanitas per il cancro, rendendone il programma più interessante dal punto di vista sia scientifico sia clinico». Antonio Iavarone, docente di Neurologia e Biologia cellulare alla Columbia University di New York, aggiunge: «Va bene fare massa critica, però è soprattutto una questione di programmi. Per valutare correttamente l'offerta, sarà fondamentale capire il piano strategico proposto». Per Antonio Giordano, direttore e fondatore della Sbarro Health Research Organization di Philadelphia, «chiarezza e trasparenza» dovrebbero essere le parole d'ordine più che mai in questi casi, specie «a garanzia di una competizione corretta e leale fra pubblico e privato». Sottolinea: «Quello che non deve accadere è che alla fine si crei un controllo sulla sanità in cui risultino penalizzate le strutture che svolgono un servizio ai cittadini secondo le regole del pubblico». Il timore del ricercatore è che si possa «sbilanciare in maniera drammatica l'equilibrio dell'offerta sanitaria tra pubblico e privato» da un lato, e dall'altro «tra Nord e Sud del Paese». Un divario che, in realtà, si avverte già, e da tempo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino