Quando la fantasia ballava il «boogie»

Quando la fantasia ballava il «boogie»
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Uscito la prima volta nel 1987, torna “Gli americani a Vicenza” (Adelphi) di Goffredo Parise. «Lo scrittore più inaspettato e dotato che abbia esordito in Italia nel dopoguerra», secondo Cesare Garboli, e proprio il suo essere anomalo, senza padri né figli, lo porta a salire e scendere sulle montagne russe della memoria. È una figura che appare e scompare, vivendo di fiammate del ricordo, senza mai trovare una fissità come quella di Calvino o Pasolini. Forse è un bene, questo suo vagare, essere randagio, portando stupore ad ogni apparizione o riedizione come in questo caso. Esile senza mai apparire debole, robusto senza mai praticare la prepotenza. Era uno scrittore sfuggente, capace di far quadrare anche le storie più assurde, aveva il dono della semplicità, sapeva ridurre tutto all’essenza senza perdere il mondo che voleva raccontare. È probabile che la sua scrittura manchi a pochi, perché anomala, non assimilabile, di sicuro c’è che quello che ha scritto suona e risveglia: proprio come certe bande di paese che passando avvolgono strade, case e gente, senza pesare, regalando gioia.  
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Il Mattino