Salgari per sempre

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Forse, l’unico scrittore da leggere in questi giorni di convalescenza da sani: è Emilio Salgari. Uno dei grandi italiani, più evocato che letto, più nominato che studiato, uno che viaggiava da fermo, che ha usato l’immaginazione in un paese che non poteva viaggiare in massa, per uscire bisognava andare a combattere, e quindi divenire dei personaggi salgariani, o farsi salgariani da stanza e leggerlo. I più fortunati, forse, erano quelli che l’avevano letto e poi inseguito, riuscendo più o meno a tornare a casa per raccontarlo, e penso a Flaiano, Berto, Tobino, Troisi, Tumiati, Besozzi, Montanelli, e soprattutto agli altri senza nome che si fecero salgariani senza Salgari, e poi, forse, si ritrovarono nei libri. Salgari è un forse e un nonostante, è il dubbio e l’approssimazione, la speranza e la fantasia, un pirata da tram, uno che lottava contro gli editori – che son sempre stata la parte peggiore della società letteraria, citofonare Primo Levi – come Sandokan contro l’oppressore, e che cadde per stanchezza, non potendone più d’evadere nei mondi che inventava, perché non bastavano a vivere nell’unico dove perdeva, quello reale.
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Il Mattino