Si fa presto a dire GRI

Si fa presto a dire GRI
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Davanti al librone di Francesco Pecoraro “La vita in tempo di pace” (pp.512, Ponte alle Grazie) sembrava di vedere asciugare la pittura. Più leggevo – cercando di ricordarmi chi aveva detto che poteva essere il Grande Romanzo Italiano (GRI) – più la noia cresceva, più le pagine affrontavano Natura e manie dell’ingegnere Ivo Brandani, più mi sembrava di essere stato condannato a un grande ingorgo, quello delle pagine di Pecoraro. Gli riconosco che ci sono capitoli come “Il senso del mare”, che hanno una costruzione e un ritmo però nessuna musica. E se il suo è un progetto grande – in mole –, se i rimandi, i giochi e le citazioni sono numerosi, quella che pesa è l’assenza della lingua, se poi penso a Giuseppe Occhiato non c’è paragone. Magari il GRI avrà 120 pagine e una leggerezza capace di disegnare la superficialità del tempo che viviamo, insomma un’altra cosa, e forse a scriverlo sarà Pippo Baudo o il mago Silvan, oppure l’ha già fatto Rachel Kushner, senza volerlo, pensando agli Usa e usandoci come pretesto.  
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Il Mattino