Teatro di cenere

Teatro di cenere
Diceva Ferenc Molnár «per le commedie accade spesso così: il primo atto molti lo sanno scrivere, il secondo pochi, il terzo quasi nessuno». Potremmo dire...

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Diceva Ferenc Molnár «per le commedie accade spesso così: il primo atto molti lo sanno scrivere, il secondo pochi, il terzo quasi nessuno». Potremmo dire che un romanzo non si nega nemmeno a un giudice, una prima pagina è per tutti, ma un buon racconto – breve – non lo sa più scrivere nessuno. Tutti vogliono strabordare, occupare, primeggiare. Poi succede di leggere “Teatro di cenere” (traduzione di Antonio Candeloro, Del Vecchio Editore) di Manuel Moyano e di ricredersi, trovandosi davanti a un nuovo Augusto Monterroso, capace di dominare il paradosso, riscrivere la Storia, utilizzare il fantastico e portare lo stupore in pochissime righe. Moyano è un autentico fenomeno della brevità, uno scrittore di mille mondi e un ri-scrittore del nostro: utilizzando Elvis e la pallottola per JFKennedy al contrario come la “La freccia del tempo” di Martin Amis. Nelle sue pagine convivono gli animali di Wilcock e i labirinti di Borges, ma senza ostentazione, solo l’eco. E poi c’è l’ironia, che salta dal gotico al noir, dal favolistico alle segreterie telefoniche, creando una bulimia di trame e personaggi.   

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Il Mattino