Non è passato molto tempo da quando dagli spalti del San Paolo s'intonava «Oj vita, oj vita mia», il ritornello di «'O surdato...
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Un po' dispiaceva che il Napoli non avesse un inno vero e proprio, ma che adattasse al proprio amore l'amore di un soldato. Certo, la canzone di Califano e Cannio, dedicata ai giovani che lasciavano la propria donna per le trincee sull'Isonzo, nella festa dello stadio, aveva perso il suo carattere triste e insieme bellicoso ed era diventato un canto esaltante e festaiolo. Però, qualcosa non funzionava, sapeva di posticcio, di arrangiato, sebbene si trattasse di un motivo prezioso del patrimonio melodico della città.
Ora, i tifosi del Napoli l'inno l'hanno trovato. Un inno musicalmente mutuato da una canzone pop, «L'estate sta finendo» dei Righeira, ma con parole generate dalla fede calcistica e dall'orgoglio cittadino. Un tormentone che funziona, facciamo tutti gli scongiuri del caso, funziona. E' nato come inno di altre squadre, a onor del vero, ma i napoletani hanno saputo farlo proprio. Se ne sono impossessati con la forza dei risultati in campo. «Un giorno all’improvviso mi innamorai di te, il cuore mi batteva, non chiedermi il perché...» e via urlando. Un successo popolare, nato di curva in curva, e cresciuto di gol in gol. Se ne sono impossessati subito persino i politici, fagocitori di sentimenti ai fini elettorali. Così va il mondo.
Però adesso che l'inno portafortuna (continuiamo a fare gli scongiuri, per piacere), quanta nostalgia per quell'inno posticcio. Ricordiamocene ogni tanto, sarà un po' come tornare a casa. Del resto lo cantavamo quando regnava Maradona. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino