Un paese al buio

Un paese al buio
L’Italia in questi giorni scopre di non avere un Vonnegut – magra consolazione non ce l’ha più nemmeno l’America – ma solo una voce fioca:...

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L’Italia in questi giorni scopre di non avere un Vonnegut – magra consolazione non ce l’ha più nemmeno l’America – ma solo una voce fioca: Antonio Scurati copia Martin Amis per dirci che odia Milano, quella di adesso ancora più di quella di prima; Alessandro Baricco – si scopre dannunziano – e sceglie l’audacia: “state a casa con tutto quello che c’è da leggere” e poi, ovvio, ci piazza il suo GAME; Stefano Benni scrive raccontini che sembrano il riassunto – al ribasso – delle vignette della settimana enigmistica, con il dottore a letto con la moglie dell’ammalato; Paolo Giordano batte il record editoriale: è suo il primo libro italiano sul virus, peccato che non sia migliore degli altri; Salvatores chiede agli italiani di filmare il paese dentro le case e fuori dalle loro finestre, per poi montarlo in uno spot da pubblicità della rete; Augias è contento dell’esercito per strada come e più di Zagrebelsky; gli altri scoprono Manzoni, Camus e Boccaccio; manca lo scarto, non c’è nulla, se non l’acconciatura con la fila dove dice la tivù. Mancano sguardo e irriverenza, albergano, invece, accondiscendenza e banalità. La società culturale italiana è nuda più del solito, e continua a parlarsi addosso.
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Il Mattino