«Domani le scimmie dove le mandiamo?». Così i componenti dei due gruppi di caporali, italiani e stranieri, tutti assolutamente privi di scrupoli, definivano le...
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Per altri otto indagati il Gip ha emesso la misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Secondo l'accusa, i titolari delle aziende avrebbero partecipato all'azione di sfruttamento di oltre 200 migranti (ma potrebbero essere stati nel tempo molti di più), utilizzandoli nelle loro aziende e traendo un consistente vantaggio dal risparmio sui costi della manodopera per la raccolta dei prodotti. Gli uomini venivano impiegati per i lavori più pesanti, mentre le donne erano addette all'attività meno faticosa della raccolta delle fragole. Il valore delle aziende sequestrate ammonta ad oltre otto milioni di euro. Sequestrati anche venti automezzi che venivano utilizzati per condurre i migranti nei campi di lavoro.
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Gli arresti e i sequestri sono stati fatti in esecuzione di un'ordinanza emessa dal Gip di Castrovillari, Luca Colitta, su richiesta del sostituto procuratore Flavio Serracchiani. L'indagine ha avuto origine dal controllo effettuato nei mesi scorsi dai finanzieri della Tenenza di Montegiordano di un furgone che, diretto nelle campagne lucane, percorreva la Statale 106 Jonica con a bordo 7 braccianti agricoli provenienti dalla Sibaritide. I finanzieri, prendendo spunto da quel controllo, hanno avviato un'attività d'indagine molto mirata. È stato possibile cosi identificare, in tempi rapidi, numerosi soggetti, italiani e stranieri (in particolare, di nazionalità pakistana, magrebina e dell'Est Europa) impegnati, hanno riferito le fiamme gialle, in un'organizzata e fiorente attività di sfruttamento illecito di manodopera di braccianti, il cosiddetto caporalato, appunto, e di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina nella piana di Sibari.
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La struttura dell'organizzazione era composta da 16 caporali, che provvedevano al reclutamento della manodopera e ad organizzare l'intera attività di sfruttamento grazie anche ai loro rapporti con gli imprenditori-utilizzatori. Altri otto componenti dell'organizzazione collaboravano direttamente con i vertici del sodalizio. Dello stesso gruppo facevano parte poi i cosiddetti «utilizzatori», 22 persone titolari delle aziende agricole sequestrate che impiegavano i migranti per i loro scopi, mettendo in atto nei loro confronti comportamenti improntati a sfruttamento e crudeltà.
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Tra le persone finite ai domiciliari c'é un impiegato del Comune di Corigliano Rossano che, in cambio di cospicue somme di denaro, organizzava, secondo l'accusa, matrimoni «di comodo» finalizzati a garantire la permanenza sul territorio italiano di soggetti irregolari.
Il Mattino