Cosenza - Meno di una settimana di indagini per far luce sull’omicidio di Yuriy Zinchenko, il cui cadavere è stato ritrovato domenica scorsa nel bagagliaio di...
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«È stata un’indagine davvero complessa. Siamo partiti – ha spiegato il procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla – da un cadavere seminudo, con addosso delle coperte, letteralmente buttato nel cofano di una macchina, tra l’altro con targa straniera, abbandonata sulla spiaggia. Un corpo senza le generalità. Davvero un caso da film». Un vero e proprio giallo che pian piano è stato ricostruito anche grazie ad alcune testimonianze e all’utilizzo della tecnologia: telecamere, celle telefoniche, intercettazioni, che hanno permesso di ricostruire i movimenti della vittima e di arrivare ad un'abitazione a Torretta di Crucoli, dove è stata consumata parte del delitto. Le persone fermate avrebbero studiato tutto nei minimi particolari per cercare poi di confondere le indagini. La casa dove viveva la vittima insieme alle altre quattro persone dista pochi chilometri da dove è stato trovato il corpo del 46enne. Sarebbero state utilizzate due auto: la prima per trasportare il cadavere, la seconda avrebbe fatto da “staffetta” per evitare controlli durante il tragitto. A pulire invece ogni traccia nell’appartamento ci avrebbe pensato Liudmyla Popova, compagna della vittima. «È stata lei a decidere di collaborare perché non si fidava più di quelle persone – ha affermato il sostituto Luigi Spina -. Era diventata una testimone scomoda e temeva azioni ritorsive».
Un contrasto di natura economica sorto nell’ambito della sua attività di ufficio di collocamento clandestino avrebbe fatto scattare l’ira degli altri conviventi. Le indagini proseguono per cercare di ricostruire il movente e si concentrano sul lavoro che svolgeva Yuriy Zinchenko, con un permesso di soggiorno rilasciato per motivi umanitari e già conosciuto per precedenti di associazione a delinquere finalizzata all’introduzione di immigrati clandestini sul nostro territorio. Fu arrestato nel 2010 a Crotone come scafista di un’imbarcazione di migranti proveniente dalla Turchia. «L’uomo aveva il compito di reclutare e introdurre nel nostro territorio persone di nazionalità straniera in particolare proveniente dall’Est Europa – ha detto Facciolla – percependo denaro, da collocare come badanti o braccianti agricoli all’interno delle aziende. Prendeva dei soldi anche da chi assumeva queste persone». Un fenomeno, quello delle truffe di falsi braccianti e del caporalato, molto diffuso nel territorio dello ionio cosentino: «È un campo su cui stiamo lavorando da due anni, è facile fare soldi con questo metodo, grazie a un sistema normativo che agevola questo tipo di truffa. Evidentemente – ha aggiunto il procuratore di Castrovillari – questi soggetti avevano ben fiutato l’affare. Si parla di soldi che dovevano andare, attraverso il sistema bancario, in Ucraina». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino