LOCRI - Nicola Messina, Celestino Zapponi, Carlo Guarino, Graziella Campagna, Giancarlo Siani, Mario Diana: sono solo alcuni dei 950 nomi delle vittime innocenti delle mafie. Nomi...
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Con un abbraccio ha salutato il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti: «Con quelle scritte se volevano ottenere un effetto hanno ottenuto quello contrario – ha sottolineato Grasso -, cioè una piena solidarietà da parte di tutta Italia a Libera, a don Ciotti e al movimento che si batte per la legalità e per dare un futuro migliore ai giovani».
«La memoria ha bisogno di continuità – ha sottolineato il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti – queste persone non sono morte per avere una lapide o l’intitolazione di una strada, dobbiamo ricordarli tutti perché sono morti per la libertà, la democrazia del nostro Paese. La strada è in salita ma tre sono le parole chiavi: la continuità, la condivisione e la corresponsabilità. Attenzione però alla retorica della legalità. La legalità è un mezzo per raggiungere un obiettivo importante che si chiama giustizia».
«Lavorate per la città educativa dove tutte le componenti devono mettersi in gioco», ha detto dal palco il presidente di Libera rivolgendosi al sindaco di Locri e ricordando anche Italo Falcomatà, il padre del primo cittadino di Reggio Calabria. «Le mafie non uccidono solo con la violenza - ha ribadito il fondatore di Libera - vittime sono anche i morti vivi, le persone a cui la mafia toglie la speranza e la dignità. Oggi tutti ci sentiamo calabresi e sbirri, siamo qui per sostenere la vita e per tutti quelli che non intendono essere associati alla ndrangheta, alla corruzione. Questa è una Calabria che vuole il riscatto e il benessere della propria terra. Siate orgogliosi di essere calabresi». Il presidente di Libera ha poi ricordato le parole di don Italo Calabrò («Se c'è qualcuno che non ha onore è proprio il mafioso») e lo scrittore calabrese Corrado Alvaro: «Abbiamo il diritto di sapere non solo ciò che i rappresentanti del popolo hanno in testa, ma anche quello che hanno in tasca. Alvaro ci ricorda che la politica è etica, servizio per il bene comune e che una politica asservita al denaro, al potere ruba la speranza e il futuro».
Presente anche il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho: «La ‘ndrangheta non è un marchio visibile, ma riconoscibile: sono molti però che preferiscono non riconoscerla. Un esempio positivo viene dalle donne di ndrangheta che cominciano a dissociarsi, chiedono aiuto allo Stato per allontanarsi e rompere ogni tipo di rapporto con le famiglie per poter dare ai figli un futuro migliore». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino