Giuseppe, morto a 18 anni per salvare i fratelli. La mamma: «Abbandonata dallo Stato, ucciso due volte»

Giuseppe, morto a 18 anni per salvare i fratelli. La mamma: «Abbandonata dallo Stato, ucciso due volte»
Caterina Villirillo, la madre del 18enne Giuseppe Parretta, ucciso a Crotone il 13 gennaio mentre era proprio con la mamma e con i fratelli (a cui salvò la vita), ha...

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Caterina Villirillo, la madre del 18enne Giuseppe Parretta, ucciso a Crotone il 13 gennaio mentre era proprio con la mamma e con i fratelli (a cui salvò la vita), ha scritto una lettera aperta in cui denuncia la solitudine che lamenta dallo Stato, dopo l'omicidio del figlio. Giuseppe fu ucciso mentre si trovava all'interno dei locali dell'associazione «Libere Donne», che da anni combatte la violenza sulle donne e di cui la mamma è presidente: ad ucciderlo il vicino di casa 57enne, Salvatore Gerace, già noto alle forze dell'ordine, che a suo dire si sentiva spiato dal 18enne.


«Dal giorno dei funerali di mio figlio io sono rimasta abbandonata al mio destino senza né un supporto psicologico né materiale, nonostante le ripetute promesse fatte dalle istituzioni crotonesi, tutte false, tutte espresse al solo scopo di pubblicizzare meschinamente la loro 'bontà' di fronte all'Italia intera», scrive la signora. «Mio figlio è stato ucciso più volte e la mano che ha armato quella dell'assassino ha un nome preciso: lo Stato. Uno Stato che concede libertà vigilata senza vigilanza ad un recidivo del crimine e gli permette di possedere armi è uno Stato patrigno, cattivo, superficiale ed attento solo a non offendere i poteri occulti che lo manovrano come un burattino e che hanno imposto, col nome di 'democrazia', la tutela del carnefice».

«Sto chiedendo giustizia per mio figlio - afferma Caterina Villirillo - e la sto chiedendo anche e soprattutto a questo Stato che non prevede leggi che tutelino le vittime. Sì, perché una madre o un padre o dei fratelli sopravvissuti ad una simile tragedia sono vittime tanto quanto chi è rimasto ucciso, e non voglio che i miei figli vivano ciò che altri hanno vissuto, cioè il ritrovarsi di fronte l'assassino perché non esistono pene commisurate agli efferati delitti che bestie come l'assassino di mio figlio commettono. Dove sono le associazioni umanitarie quando la vittima è un italiano? Dove sono le politiche sociali quando la vittima è un ragazzo onesto? Che fine hanno fatto le istituzioni che volevano accollarsi il costo di un addio dignitoso al mio Giuseppe? Dov'è la Chiesa? Dov'è il Vescovo? Dov'è il Papa?».
 

«Hanno ucciso Giuseppe, Pamela, Jessica nel giro di poche settimane - conclude la donna - ma nessuno ha levato scudi per chiedere giustizia mentre vedo mobilitarsi sindacati, associazioni ed il Governatore della Calabria in persona per l'uccisione di un uomo sorpreso a rubare. Perché? Forse perché Giuseppe, Pamela e Jessica erano solo ragazzi italiani e, quindi, non muovono interessi né hanno eco internazionale? In Italia esistono innegabilmente vittime di serie A e vittime di serie B ed appartengono alla prima i mafiosi e gli immigrati. Non è razzismo, il mio, ma una pura e cinica consapevolezza».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino