'Ndrangheta, operazione «Apegreen Drug»: scacco matto alla cosca Commisso 14 arresti

Alle prime ore della mattinata odierna, a conclusione di articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria,...

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Alle prime ore della mattinata odierna, a conclusione di articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, gli investigatori del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria hanno eseguito 14 ordinanze di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari emesse dal G.I.P. presso il locale Tribunale, a carico dei seguenti soggetti - appartenenti in massima parte alla cosca Commisso di Siderno (RC), ma anche a quella dei Pesce di Rosarno (RC) e dei De Masi di Gioiosa Ionica (RC) - ritenuti responsabili, a vario titolo, dei delitti di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e cessione di cocaina, hashish e marijuana, nonché di detenzione e messa in circolazione di monete contraffatte: Le indagini concluse dai poliziotti della Squadra Mobile di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Operativo hanno portato alla luce l’esistenza di un vasto traffico di cocaina, con proiezioni internazionali, promosso, organizzato e diretto da affiliati alla potente cosca di ‘ndrangheta dei Commisso, sotto la direzione ed il controllo del boss Giuseppe Commisso, alias “u mastro”, attualmente detenuto, in regime di carcere duro, a seguito dell’arresto della Polizia di Stato nel 2010, nell’ambito dell’operazione antindrangheta denominata “Crimine”. Giuseppe Commisso è stato condannato, il 20 gennaio 2015, a 20 anni di reclusione per le attività di infiltrazione in alcuni pubblici appalti, con sentenza pronunciata ad esito del processo con rito abbreviato, scaturito dall’operazione  “La morsa sugli appalti pubblici” eseguita dalla Polizia di Stato nell’estate del 2014.


L’inchiesta si basa principalmente sugli elementi di prova acquisiti dalle intercettazioni ambientali eseguite all’interno della lavanderia Apegreen di Siderno (RC) all’interno della quale erano state captate numerose conversazioni di Giuseppe Comisso  “U Mastru”, con altri influenti esponenti della ‘ndrangheta calabrese. Un inarrestabile flusso di notizie fuoriuscito da quel che era considerato un riparo segreto della cosca, la lavanderia Apegreen, un versamento continuo di informazioni che, in molti casi, hanno ridisegnato la storia della ‘ndrangheta portando alla luce le sue innovazioni criminali determinate soprattutto dall’avvento del traffico di sostanze stupefacenti con l’America, un’attività che, in breve, avrebbe cambiato integralmente la fisionomia e l’essenza delle cosche calabresi ed in particolare di quella dei Commisso. Giuseppe Commisso, forte della sua rilevante posizione criminale in seno alla ‘ndrangheta, controllava e gestiva, dalla suddetta base operativa, un remunerativo traffico di sostanze stupefacenti. I dialoghi intercettati hanno messo in luce, in modo inequivoco, singole trattazioni di sostanze stupefacenti poste in essere con la costante intermediazione dello stesso Giuseppe Commisso, che ha praticamente monopolizzato questa specifica attività illecita nel territorio controllato dalla cosca, con l’apertura di canali internazionali per l’approvvigionamento della cocaina dal Sud America, segnatamente dal Venezuela, in sinergia con esponenti di spicco della potente cosca Pesce di Rosarno (RC) influente sul Porto di Gioia Tauro. Il boss Giuseppe Commisso era attivamente collaborato nelle attività di narcotraffico da alcuni sodali dell’organizzazione, tra i quali spiccano, per importanza criminale ed il ruolo svolto,  Cosimo Pezzano e Claudio Spataro, nonché Giovanni Galluzzo  e Marco Macrì, figlio del defunto Vincenzo, detto “U baruni”. Da alcune intercettazioni ambientali captate emergeva che, all’interno della lavanderia Apegreen, Giuseppe Commisso aveva la disponibilità di un grosso quantitativo di sostanza stupefacente, circa cento chilogrammi, che aveva venduto a 39.000 euro al chilogrammo e di avere ricevuto, complessivamente, per tale vendita, somme di denaro che si aggiravano tra i 500 ed i 700 mila euro. Tra gli arrestati un agente dell’Ufficio di Polizia di Frontiera di Gioia Tauro.
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Il Mattino