VIBO VALENTIA. Non accettò la fine del loro rapporto: la sera del 21 ottobre del 2013 chiese a Giuseppe Damiano Cricrì un ultimo incontro chiarificatore. Ma lui...
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Oggi i carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, nei confronti dell’esecutrice materiale del delitto, Liberata Gallace, Alfonsino Ciancio (28 anni) e Fiore D’Elia (53) – rispettivamente figlio e amante della donna - ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di omicidio, distruzione e soppressione di cadavere.
Quella notte, Liberata Gallace, dopo avere ucciso, con l’aiuto di suo figlio Alfonsino e dell’amante Fiore, collocò il cadavere di Cricrì all’interno dell’auto, sui sedili posteriori. Lo trasportò in una stradina di campagna, del tutto priva di illuminazione, per poi cospargere il corpo con della benzina e dargli fuoco, all’interno della stessa auto. Il corpo venne ritrovato il giorno seguente: i genitori, non vedendo rientrare il figlio a casa, denunciarono la sua scomparsa. Le ricerche si concentrarono nelle campagne in cui Cricrì era solito andare. Poi, la sera. il tragico rinvenimento.
Gallace non aveva mai accettato la fine del loro rapporto e, in più occasioni «avrebbe assunto dei comportamenti fortemente ingerente» nei confronti del 51enne. Nessuno all’epoca credette all’ipotesi del suicidio e fu escluso anche un omicidio riconducibile alla criminalità organizzata: lui era una persona amata da tutti a Dinami, dove si candidò anche sindaco, in occasione delle amministrative del maggio 2013.
Ora, a distanza di tre anni dall’omicidio, è spuntato il movente passionale. Grazie alle intercettazioni telefoniche, nel corso delle quali sarebbe emerso che gli autori del delitto si vantavano di quanto avevano fatto, gli inquirenti sono riusciti a costruire le fasi dell’omicidio. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino