Accusato dall’ex boss Iovine, assolto dopo 29 mesi di carcere

Accusato dall’ex boss Iovine, assolto dopo 29 mesi di carcere
Dopo ventinove mesi di detenzione preventiva, ieri è tornato ad essere un uomo libero. I beni sotto sequestro gli sono stati restituiti. E dopo la sofferenza di 29 mesi...

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Dopo ventinove mesi di detenzione preventiva, ieri è tornato ad essere un uomo libero. I beni sotto sequestro gli sono stati restituiti. E dopo la sofferenza di 29 mesi dietro le sbarre, è stato assolto da tutti i reati. Si tratta di Ferdinando Di Lauro, l’imprenditore di San Cipriano d’Aversa, vincitore di appalti anche all’ospedale Cardarelli, che finì in carcere nel 2016 accusato dal collaboratore di giustizia Antonio Iovine, l’ex boss del clan dei Casalesi.

Il tribunale di Napoli nord, presidente del collegio Luigi D’Angiolella, ieri ha emesso la sentenza dopo due ore di camera di consiglio. Ferdinando di Lauro, difeso dagli avvocati  Ercole Ragozzino e Nando Letizia, è stato assolto dal reato di associazione camorristica e di turbativa d’asta aggravata dal metodo mafioso. Lacrime e gioia, dopo la notizia della sentenza. In manette, all’epoca, finì anche il socio dell'imprenditore. L’indagine fu coordinata dal pool antimafia del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli (pm Catello Maresca) e condotta dai carabinieri del comando provinciale di Caserta. Di Lauro è stato assolto perché il fatto non sussiste. Ma ci sono voluti due anni prima che l’imprenditore potesse mettere il piede fuori dal carcere di Secondigliano. In sostanza, per la Dda di Napoli, tra il 2007 e il 2011 grazie alle «amicizie» nel Comune di Aversa, Di Lauro sarebbe riuscito ad aggiudicarsi l’appalto da 21 milioni per la realizzazione dell’Area Pip. In realtà, l’appalto ricade nel periodo in cui il sindaco ad Aversa era Domenico Ciaramella, il quale - durante la fase dibattimentale - ha testimoniato nell’aula di giustizia di Napoli nord, spiegando di non aver mai ricevuto pressioni per i lavori dell’area Pip.

LA DIFESA


Stando alla tesi difensiva, accolta dai giudici, il progetto Pip per due volte non venne mai applicato. Per l'accusa,  il precedente imprenditore affidatario della costruzione dei capannoni, Michele Russo, sarebbe stato costretto a cedere l'area Pip. Ma la circostanza non sarebbe stata dimostrata al processo.


Il pm Arlomede aveva chiesto l'assoluzione per l'associazione mafiosa e la condanna a oltre tre anni per la turbativa, con la confisca dei beni. Le richieste della Procura sono state rigettate dal tribunale di Napoli nord.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino