I Bottari da Portico stasera a Sanremo: con Avitabile si fonde ritmo e tradizione

I Bottari da Portico stasera a Sanremo: con Avitabile si fonde ritmo e tradizione
Va loro riconosciuto il merito di aver reso i bottari celebri nel mondo e di aver intuito, per primi, l’universalità del suono di botti, tini e falci. Questa sera, i...

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Va loro riconosciuto il merito di aver reso i bottari celebri nel mondo e di aver intuito, per primi, l’universalità del suono di botti, tini e falci. Questa sera, i «I bottari di Portico», ensemble folk di Terra di Lavoro, calcheranno il palco del 71esimo Festival di Sanremo. Fuori gara, accompagneranno Enzo Avitabile e Fiorello in una rilettura di «Caravan petrol», brano di Renato Carosone pubblicato nel 1958 insieme a «‘O Sarracino», altro classico della canzone. Per l’occasione, Avitabile ha realizzato un arrangiamento per percussioni e orchestra davvero particolare, che alle sonorità arabeggianti originali aggiunge un corollario di ritmi della tradizione dei bottari e accenti di world music. 

Sulle orme del fondatore Pasquale Romano e diretti da Carmine Romano, il «capo battuglia» e leader del gruppo, all’Ariston si esibiranno due botti (Giuseppe Romano e Raffaele Iodice), tre tini (Massimo Piccirillo, Luigi Natale e Francesco Stellato) e una falce (Carmine Piccirillo), formazione che già da tempo accompagna Avitabile, dal 2005 cittadino onorario di Portico. «È un sogno che si avvera», dichiara Romano. «Ritrovare la nostra tradizione in quel teatro, poter riascoltare quei ritmi a noi cari in un anno in cui la pandemia ci ha privati della festa di Sant’Antuono, ha un sapore ancora più esaltante», aggiunge il sindaco Giuseppe Oliviero. 

Nati nel 1988, «I bottari di Portico» suonano in tour con Avitabile dal 2000 e sono presenti in 4 album. Rappresentano gli ambasciatori più noti di quel tempo antico in cui i contadini di Macerata Campania e di Portico percuotevano gli arnesi della terra per scacciare gli spiriti maligni delle cantine. Il rituale si ripeteva all’aperto per propiziare un buon raccolto e durante le fiere per dimostrare la robustezza degli attrezzi e per attirare l’attenzione dei passanti.

Nei secoli, quelle poliritmie hanno incontrato il culto di Sant’Antonio Abate, che le due comunità casertane «sublimano», il 17 gennaio, in una festa, divenuta, ormai, un rito collettivo che unisce fede, arte, musica, folclore e gastronomia.

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Il Mattino