Caserta, 37 arresti oggi: in carcere le figlie del boss e la nipote della pentita Carrino

L'ordinanza emessa dal gip di Napoli è stata eseguita dai carabinieri del comando provinciale di Caserta

Maxi blitz nella notte a Caserta
Ci sono anche le due figlie del capoclan dei Casalesi, Francesco Bidognetti «Cicciotto e' mezzanotte», fra le destinatarie dell'ordinanza in carcere...

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Ci sono anche le due figlie del capoclan dei Casalesi, Francesco Bidognetti «Cicciotto e' mezzanotte», fra le destinatarie dell'ordinanza in carcere firmata dal gip Isabella Iaselli nell'ambito dell'operazione anticamorra dei carabinieri di Caserta. Katia e Teresa Bidognetti (di 40 e 32 anni) sono state fermate dai carabinieri a Formia, città «eletta» nuova residenza della famiglia del boss dopo le sentenze definitive di condanna dei vertici del gruppo. Non mancano nell'ordinanza anche le nipoti e una sorella della collaboratrice di giustizia, ex compagna del capoclan di Casal di Principe, Anna Carrino: si tratta di Emiliana e Francesca Carrino di Villaricca. Emiliana è la moglie di Giosuè Fioretto, fedelissimo del clan. Mentre  Francesca (moglie di Nicola Sergio Kader, arrestato pure lui) fu colpita da un colpo di pistola in un agguato teso dal gruppo del killer Giuseppe Setola nel 2008, si salvò per una fortuita coincidenza, il proiettile sfiorò gli organi vitali ma non li trapassò. Si trattò di un agguato pensato ed eseguito per intimidire la famiglia della «pentita» di camorra, per 30 anni fedele consorte del boss Francesco Bidognetti e poi passata dalla parte della giustizia.  Anna Carrino si trova ora in una località protetta e sta vivendo la sua nuova vita. In Campania (e in parte nel basso Lazio) è rimasto il resto della famiglia, ora piombata nel vortice della cronaca. E così, i militari del comando provinciale di Caserta e del gruppo di Aversa (coadiuvati, nella fase operativa, da personale del nucleo operativo centrale della Polizia Penitenziaria) in tutto hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare (in carcere e agli arresti domiciliari) nei confronti di 37 persone, alcune delle quali considerate elementi di spicco del clan dei Casalesi, fazioni Schiavone e Bidognetti. Le indagini hanno documentato le attività del clan camorristico nell'arco di oltre tre anni, consentendo di filmare incontri tra esponenti di vertice delle due fazioni criminali finalizzati a concordare il ripristino di una «cassa comune», pur mantenendo la loro sostanziale autonomia nei termini operativi, economici e territoriali storicamente a loro appartenuti. 

Gli arresti sono scattati anche per il marito di Teresa Bidognetti, Vincenzo D'Angelo, e per il compagno di Katia. Questa volta le due sorelle, che avrebbero continuato a percepire lo «stipendio» del clan, si erano messe a disposizione del fratello Gianluca, il rampollo della famiglia e ultimo figlio del boss, che però ebbe il «battesimo di fuoco» della carriera criminale nel 2008, quando in piena stagione stragista fu coinvolto, su volere dell'allora capo dell'ala sanguinaria dei Casalesi Giuseppe Setola, nel tentativo di omicidio della zia, un modo per colpire la madre pentita Anna Carrino. Gianluca, secondo Dda e carabinieri, avrebbe preso in mano le redini della camorra, impartendo direttive per compiere estorsioni ai danni di commercianti, gestire settori da sempre nelle mani del clan, come quello del «caro estinto» legati alle pompe funebri, grazie a patti illeciti risalenti nel tempo, arrivando perfino a organizzare un omicidio nei confronti di un noto affiliato del clan allo scopo di ridimensionarne il ruolo.

Un indagato inoltre avrebbe curato la pianificazione e la realizzazione delle dinamiche criminali della fazione Schiavone per il controllo capillare del territorio e il reperimento di somme di denaro indispensabili per il sostentamento del gruppo, affermandosi quale punto di riferimento non solo i per gli affiliati ma anche per coloro che, pur non appartenendo al clan, consapevoli della sua posizione di vertice, a lui si sarebbero rivolti al fine di giungere alla soluzione di controversie e dinamiche private. Estorsioni sono state eseguito anche a un centro di noleggio per moto d'acqua a Castel Volturno, oltre che a società edili impegnati in lavori a Trentola Ducenta (in via Caracalla)  e a  Parete.

Oltre al reato associativo, a carico di esponenti delle due fazioni Schiavone e Bidognetti del clan dei Casalesi sono contestate le estorsioni ai danni di numerosi operatori commerciali. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, in un caso, al fine di piegarne la volontà, un imprenditore sarebbe stato ferito alle gambe da colpi d'arma da fuoco. È contestato inoltre il traffico di sostanze stupefacenti e contestuale controllo dell'attività di cessione di droga realizzato da terzi, che sarebbero stati costretti a versare denaro a esponenti del clan per garantirsi la gestione delle piazze di spaccio. L'ordinanza emessa dal gip di Napoli su richiesta della Dda partenopea è stata eseguita dai carabinieri del Comando provinciale di Caserta. 

La fazione dei Bidognetti del clan dei Casalesi sarebbe ancora organizzata su vincoli di sangue e guidata dai familiari più stretti dello storico capo clan Francesco Bidognetti, da tempo detenuto in regime di 41 bis. È quanto ricostruito dalle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli.  La fazione Bidognetti, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe stata gestita proprio da Gianluca Bidognetti, il quale, sebbene detenuto, avrebbe utilizzato telefoni cellulari illegalmente introdotti in carcere, e trovati con l'ausilio di personale del nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria, impartendo ordini e direttive funzionali alla direzione della fazione e a promuovere le attività illegali eseguite da affiliati liberi. 

«Le due operazioni di polizia di questa mattina a Milano e Caserta, coordinate dalle competenti


procure, testimoniano la determinazione con cui magistratura e le forze dell'ordine stanno conducendo la lotta contro le mafie e le infiltrazioni criminali nei territori». Lo afferma il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi. «Si tratta - spiega Piantedosi - dell'esito di due complesse e articolate attività di indagine da parte di donne e uomini della polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri che hanno consentito di individuare sodalizi criminali che gestivano traffici illeciti e ne reinvestivano i profitti». Il titolare del Viminale sottolinea inoltre ancora una volta «l'importanza di una azione corale delle istituzioni per ripristinare la legalità e dare risposte concrete alle richieste di sicurezza delle comunità». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino