Capodrise. Morto durante partita di calcetto: «Ciao, Antonio sarai sempre il capitano»

Capodrise. Morto durante partita di calcetto: «Ciao, Antonio sarai sempre il capitano»
CAPODRISE. «Addio, capitano!». Solo ieri, nel giorno in cui l'incredulità ha lasciato il passo al dolore, Capodrise si è resa conto delle dimensioni...

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CAPODRISE. «Addio, capitano!». Solo ieri, nel giorno in cui l'incredulità ha lasciato il passo al dolore, Capodrise si è resa conto delle dimensioni della tragedia che si è abbattuta sulla comunità. Erano in centinaia, forse un migliaio, ieri pomeriggio, ai funerali di Antonio Stellato, il 16enne di Capodrise che, giovedì sera, durante una partita di calcetto, si è accasciato al suolo per un malore. Erano in tanti sul sagrato della parrocchia di Sant'Andrea Apostolo; e tutti (amici, parenti, istituzioni, semplici cittadini) hanno voluto abbracciare il padre, Carmine, geometra al Comune, la madre, Anna Benedetto, e le due sorelle, di qualche anno più grandi, Gaetana e Caterina. In chiesa, le ampie navate del tempio di via Francesco Giannini a stento sono riuscite a contenere la folla; la commozione, quella no. Il rito è stato ufficiato dal parroco Giuseppe Di Bernardo.

 

Sentita, la sua omelia. Don Giuseppe, rivolgendosi alla famiglia, ha detto che «Antonio ora è felice, perché sta giocando la sua partita accanto al Signore». Il prete, però, non si è sottratto dal costatare il tragico paradosso che si vive quando «sono i vecchi a dover seppellire i giovani». Di Bernardo non si è dato una risposta: «Dobbiamo essere pronti alla morte: il perché Dio ha chiamato a sé Antonio, è nel suo disegno, incomprensibile agli umani». Conclusa la messa, fuori, il silenzio è stato infranto solo dal battito di mani, quando, all'uscita della chiesa, si è levata al cielo la bara, preceduta da colombi e da palloncini banchi e blu. Il feretro è stato portato a spalla dagli atleti della scuola calcio «Recale 2002», nella quale Antonio ha militato per quasi 10 anni. «Era il nostro capitato», hanno ripetuto in coro i compagni di squadra.


Poi, l'ultimo tragitto verso il cimitero. Il corpo è arrivato in città proveniente dall'ospedale di Marcianise, dove il ragazzo sarebbe arrivato già privo di vita. Antonio frequentava la III G del liceo scientifico «Federico Quercia» di Marcianise; la classe, accompagnata dai docenti, ieri ha ottenuto un permesso speciale per raggiungere Capodrise e accogliere Antonio. A spezzare la vita del ragazzo è stato un arresto cardiaco: al 16enne, di recente, era stata diagnosticata una malformazione congenita al cuore, patologia che lo aveva allontanato dai circuiti agonistici. Solo che Antonio non riusciva a vivere senza il pallone e alla sua età è difficile dosare l'entusiasmo, anche quando si gioca tra amici. Quindi, nonostante il divieto, una partitella, di tanto in tanto, se la concedeva. Come giovedì sera: solo che, poco dopo le 19, in seguito a un'improvvisa aritmia, si è accasciato al suolo, già privo di sensi. Mano ai cellulari, in molti hanno richiesto l'intervento di un'autoambulanza. Il personale medico del 118 ha fatto di tutto per rianimarlo; poi, la corsa, inutile, all'ospedale. La morte di Antonio ha riacceso la polemica sulla mancanza nelle strutture sportive amatoriali di un defibrillatore; purtroppo l'ennesima moratoria non la rende ancora obbligatoria. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino