Pestaggi in carcere, gli interrogatori: quattro dirigenti hanno dato l'ordine

Pestaggi in carcere, gli interrogatori: quattro dirigenti hanno dato l'ordine
«Abbiamo eseguito gli ordini dei nostri capi». Il ritornello ripetuto al giudice Sergio Enea dagli agenti della polizia penitenziaria è sempre lo stesso. Gli...

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«Abbiamo eseguito gli ordini dei nostri capi». Il ritornello ripetuto al giudice Sergio Enea dagli agenti della polizia penitenziaria è sempre lo stesso. Gli interrogatori-fiume dei 117 indagati non finiscono più. Al centro del tavolo fra il gip e gli interrogati c’è la ricostruzione dei pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere del 6 aprile 2020. Succede questo: il gip mostra i video, l’indagato smentisce o conferma. Il confronto va avanti anche per sei ore. Ma è un disco incagliato quello dei poliziotti: «Sono stati i vertici», ripetono. «Mi hanno tolto di mano un bastone di legno e mi hanno dato un manganello», ha spiegato l’agente Antonio De Domenico, esaminato ieri. Nel video, De Domenico sarebbe colui che ci da sotto parecchio.


Al centro della rappresaglia c’era Anna Rita Costanzo, commissario responsabile del reparto Nilo del carcere. «Donna di ferro» che non solo avrebbe preso parte al pestaggio dei detenuti, ma avrebbe anche depistato le indagini. È lei, stando alla Procura di Santa Maria, che escogita il modo per non far emergere le lesioni provocate ai detenuti. In un messaggio a Gennaro Loffredo, scrive: «È ovvio che i detenuti non devono refertarsi». E Loffredo esegue: «Stavano facendo scendere i feriti dal medico, l’infermiere Salvatore mi ha avvisato e li ho bloccati». E così, poco dopo, gli agenti mettono mano a una nota in cui spiegano che le ferite sui detenuti sono frutto di scontri con altri reclusi, nota girata poi in Procura. «Falso», risponde il gip Enea. La verità raccontata dai reclusi è un’altra: ispezioni anali con i manganelli, senza acqua nè cibo il giorno successivo. L’ispettore Giuseppe Crocco, 52 anni e il poliziotto Maurizio Colucciello si sono difesi, ieri, rilasciando dichiarazioni. «Sono stati quelli di Secondigliano a prendere in mano la situazione – ha detto Crocco – io ho cercato più volte di difendere dei detenuti». «I capi», sono stati loro a dare il via. La grandezza delle parole degli agenti sta nel fatto che creano un «ponte». E il ponte porta diritto ai nomi dei vertici che hanno ordinato l’operazione di perlustrazione nelle celle.

Ma chi sono? Il primo della lista è il provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Campania, Antonio Fullone, colui che è stato informato dell’ispezione nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dopo le sommosse dei detenuti. «Ormai siamo tutti in ballo», scrive in un messaggio al comandante con tanto di emoticon danzanti, Pasquale Colucci. È il 14 aprile e la notizia dei pestaggi finisce sui giornali: Fullone e Colucci si sentono alle strette. Sospeso da ieri, Antonio Fullone è accusato di depistaggio e favoreggiamento. Il ministro della Giustizia ha firmato la sospensione dal servizio per lui e ha nominato come successore Carmelo Cantone, provveditore del Lazio. Per il giudice Enea «non si è limitato alle omissioni, ma ha concorso a introdurre elementi probatori, come armi mai possedute dai detenuti».



Subito dopo, nella scaletta dei vertici dei presunti responsabili delle violenze in carcere c’è Colucci, comandante del nucleo traduzioni e piantonamenti del carcere di Secondigliano che con Gaetano Manganelli avrebbe coordinato l’azione. Ma in prima fila c’è sempre lei, il commissario Anna Rita Costanzo che si toglie il sassolino dalla scarpa - emerge nell’ordinanza - delle sommosse della sera prima e dice: «Mi sono riscattata». Sullo sfondo, ieri sono cominciati trasferimenti dei detenuti al centro dei pestaggi: «Sono stati portati via dal Nilo, ma non sappiamo in quale carcere siano adesso», denuncia il garante dei detenuti, Samuele Ciambriello. Intanto, è stata nominata dal ministero anche la commissione ispettiva nel carcere, il direttore sarà Gianfranco De Gesu.
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Il Mattino