Scacco matto agli scissionisti del clan Massaro: cinque arresti

Scacco matto agli scissionisti del clan Massaro: cinque arresti
Operava tra le province di Caserta e Benevento l'organizzazione camorristica smantellata oggi dai carabinieri con cinque arresti eseguiti su ordine del gip di Napoli. La...

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Operava tra le province di Caserta e Benevento l'organizzazione camorristica smantellata oggi dai carabinieri con cinque arresti eseguiti su ordine del gip di Napoli. La cosca, diretta dal 54enne Michele Lettieri e dalla 68enne Giovannina Sgambato, nota come «'a sparatora» o la «vecchiarella», entrambi dimoranti nel comune casertano di San Felice a Cancello, aveva proseguito i business illeciti sul territorio dello storico clan Massaro, legato ai Belforte di Marcianise ma fortemente indebolito dalle indagini antimafia. La Sgambato è infatti la moglie di Francesco Massaro, affiliato detenuto e cugino del capoclan Clemente Massaro, anch'egli in cella da anni. Inoltre il gruppo aveva proseguito i rapporti con l'altro clan attivo nel beneventano, ovvero il clan Pagnozzi.


Dieci in totale gli indagati, che rispondono a vario titolo dei reati di associazione camorristica ed estorsione aggravata.
 
L'indagine è stata coordinata dalla Dda di Napoli - sostituto Luigi Landolfi - e realizzata dai carabinieri della Compagnia di Maddaloni. In carcere sono finiti anche il 49enne Vincenzo Carfora, di Forchia, Vincenzo Barbato Iannucci, di 42 anni, residente a Castelvenere e il 43enne Enzo Ruotolo, di San Felice a Cancello. La cosca, è emerso, ha battuto a tappeto l'area di influenza del clan Massaro, ovvero San Felice, Santa Maria a Vico, Arienzo e i centri sanniti di Arpaia, Forchia e Paolisi, chiedendo il pizzo a numerosi commercianti. Tra le estorsioni di maggior rilievo quella da 2.500 euro pagata dall'imprenditore di Casal di Principe Francesco Caprio, noto per essere stato coinvolto in un'indagine sugli appalti truccati commissionati dal ministero della Difesa in relazione agli interventi nelle caserme. A Caprio fu chiesta una tangente di 40mila euro per i lavori di manutenzione svolti a San Felice a Cancello. Gli indagati si facevano pagare anche in natura, facendosi consegnare smartphone e tablet. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino