Riardo. Francesca uccisa per gioco: il colpo partì da 50 centimetri

I risultati della perizia balistica

Francesca Compagnone, uccisa con un colpo di fucile da un amico a casa sua nel Casertano
Emergono nuovi dettagli sull'omicidio di Francesca Compagnone, la ventottenne di Riardo uccisa da un colpo d'arma da fuoco nella serata del 26 ottobre. In settimana,...

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Emergono nuovi dettagli sull'omicidio di Francesca Compagnone, la ventottenne di Riardo uccisa da un colpo d'arma da fuoco nella serata del 26 ottobre. In settimana, infatti, a circa quattro mesi di distanza da quella terribile notte, i medici incaricati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno depositato la relazione sulla perizia eseguita sul corpo della povera vittima. È stato dunque accertato che la ventottenne è stata uccisa con un colpo d'arma da fuoco esploso a circa cinquanta centimetri da lei.

A premere il grilletto fu Ciprian Vicol, ventitreenne di origine moldave, amico di lunga data della ragazza. Il proiettile, sfortunatamente, colpì la giovane riardese in pieno volto, non lasciandole scampo. In tutti questi mesi, Vicol ha continuato a dichiarare che il colpo che aveva ammazzato la povera Francesca era partito accidentalmente. Stando a quanto riferito dal giovane moldavo, dunque, la ventottenne sarebbe stata vittima di un gioco stupido quanto pericolosissimo, finito in tragedia. Una versione che, fin dal principio, non ha mai convinto la Procura di Santa Maria Capua Vetere.


Gli inquirenti, infatti, hanno più volte ipotizzato che dietro l'omicidio di Francesca possa celarsi, in realtà, un movente passionale, magari un amore non corrisposto, che ha spinto il giovane moldavo a premere il grilletto del fucile semiautomatico, appartenente al signor Nino, il padre della vittima. Proprio per questo motivo, l'accusa formulata dai due sostituti procuratori che stanno lavorando al caso, Nicola Carmelingo e Gionata Fiore, è quella di omicidio volontario aggravato dalla relazione sentimentale. In questi mesi, Vicol ha sempre negato questa ipotesi, sostenendo che tra lui e la ventottenne vi era solo un forte rapporto di amicizia. 

Eppure, ancora oggi, a distanza di tempo, sono ancora troppe le cose che non tornano. Stando a quanto dichiarato dal padre della vittima, ad esempio, le armi presenti in casa nel corso di quella tragica notte erano tutte scariche. Ciò, naturalmente, lascerebbe presupporre che a caricare il fucile semiautomatico, con il quale venne uccisa la ventottenne, fu lo stesso Vicol. Sul bossolo del proiettile, però, non sono state trovate impronte appartenenti al giovane moldavo. Ad inizio gennaio, inoltre, la perizia balistica effettuata presso l'appartamento della ragazza riardese evidenziò come Vicol avesse cercato di impedire a Francesca di lasciare la stanza in cui, poco dopo, si consumò la tragica vicenda. Poche settimane fa, invece, i tecnici incaricati dagli avvocati del ventitreenne, Gaetano La Milza e Carla Di Stasio, una volta portata a termine la controperizia, hanno comunicato che il colpo sparato nella notte del 26 ottobre esplose accidentalmente.


Stando a quanto riferito da questi ultimi, Vicol non avrebbe nemmeno puntato, in maniera intenzionale, il fucile verso il volto di Francesca. In caso contrario, secondo il parere dei periti della difesa, la ventottenne avrebbe riportato delle ferite anche alle mani. Su questo terribile quanto tragico episodio, sfortunatamente, vi sono ancora molti interrogativi e diversi aspetti che dovranno essere chiariti. La sensazione è che ci vorrà ancora diverso tempo, prima di arrivare all'epilogo di questa tremenda vicenda. Per il momento, dunque, il giovane che ha premuto il grilletto nella notte del 26 ottobre resta indagato a piede libero. Una situazione che ha indignato non poco la comunità riardese e quelle di Pietramelara e di Teano, le città dei genitori della vittima, che ora chiedono giustizia per la povera Francesca.
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Il Mattino