Quando gli irrigatori spargevano i veleni smerciati dai Pellini nei campi intorno a Napoli e Caserta, gli alberi non davano più frutti e i terreni diventavano distese...
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E, infatti, ieri le Fiamme Gialle ne hanno sequestrati tre. Salvatore, maresciallo dei carabiniere poi sospeso dal servizio, Giovanni e Cuono, per più di vent'anni sono riusciti a spargere veleni (almeno secondo le sentenze della magistratura) e ad accumulare ricchezze: un miracolo di serie B nel mondo dei rifiuti. A metterlo a segno ci sono riusciti in tanti: da Cipriano Chianese a Gaetano Vassallo, dai fratelli Roma ai fratelli Orsi le ricchezze multimilionarie costruite sulla spazzatura sono tante. Ma i Pellini sono riusciti a fare di più: hanno prosperato, senza che mai gli inquirenti riuscissero a dimostrare un loro rapporto con i clan. Anzi l'ipotesi dell'accusa, che per loro aveva chiesto l'aggravante dell'articolo 7, è stata respinta in prima e in seconda istanza nel corso del processo nato dall'inchiesta Carosello Ultimo atto. E quindi le aziende del gruppo, non colpite da interdittiva antimafia, hanno potuto continuare a mietere appalti dagli enti locali. L'ultimo, contestatissimo, per lo smaltimento dell'amianto del Comune di Napoli. Una delle imprese della galassia Pellini, l'Atr (nella compagine societaria figura uno dei fratelli) un anno fa ha vinto la gara con un ribasso del 49 per cento strappando il lavoro alla Defiam. Ma l'amministrazione, dopo una serie di controlli (anche dell'Anac) e mentre la notizia finiva sui giornali, non ha firmato il contratto e ha annullato la gara appellandosi al principio di autotutela. L'appalto è poi stato affidato alla partecipata del Comune, l'Asia, che l'ha gestito in proprio affidando il trattamento alla Progest.
Come dire: un gol evitato in calcio d'angolo. Del resto, come risulta dalla sentenza della quarta sezione penale della Corte d'appello di Napoli che nel gennaio del 2015 ha condannato Cuono, Giovanni e Salvatore Pellini per disastro ambientale, le aziende dei tre fratelli hanno lavorato spesso e volentieri con Comuni, Province e Regioni. E questo anche se già nel 2008 il collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo aveva raccontato: «Intossicammo il campo di mio fratello Nicola che si trovava a San Giuseppiello, dalle parti di Giugliano, vicino alla discarica dell'avvocato Chianese e a quella di Raffaele Giuliani con i fanghi delle concerie Toscana. Per sversare senza avere fastidi sostenemmo che il terreno fosse sterile e avesse bisogno di concime. Quale? Quello importato dalla Toscana, ovviamente. Nessuno obiettò. L'idea era così bella che i fratelli Pellini, che facevano lo stesso nostro mestiere nell'area di Pomigliano e Acerra, la copiarono.
Ma incontrarono un problema: i fanghi erano densi, non si spargevano.
Il Mattino