Gira male ai Casalesi se uno dei personaggi più celebri della storia recente del clan si è presentato al patronato per chiedere il reddito di cittadinanza. Tra le...
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Sentenze arrivate nel 2013 e nel 2016 per le quali, a quanto pare, non c'è stato appello e che la donna ha scontato ai domiciliari. Il bunker in cui fu stanato il capoclan, il 7 dicembre del 2011, si trovava sotto la villetta in cui Rosaria Massa abitava con il marito, Vincenzo Inquieto. La latitanza del capoclan fu, secondo la Dda, profumatamente «pagata». E la famiglia Inquieto al completo si mise a disposizione del boss. Non solo i coniugi poi arrestati con il capo dei capi. Ma anche i di lui fratelli. Tant'è che, prima di arrivare al bunker, anche altre abitazioni furono perquisite e almeno altri due covi, realizzati per nascondere il capoclan, individuati e distrutti. Risalgono, invece, a tempi molto più recenti le ultime disavventure della famiglia in questione. Uno dei fratelli di Inquieto, Nicola, è stato arrestato dalla Dia un anno fa con l'accusa di essere diventato la «cassaforte» di Zagaria. Secondo i magistrati dell'Antimafia, ha investito in Romania il denaro affidatogli dal boss allo scopo di evitare i sequestri, non eseguibili nei Paesi dell'Est Europa. E, a Pitesti e dintorni, ha messo su un impero di aziende edili, tanto da aver costruito una serie di complessi residenziali oltre che il centro benessere più grande della regione. Quando la Dia se lo portò via in manette dalla supervilla in cui abitava, dalla folla di curiosi si levò un coro di stupore. Camorrista? Fino a quel momento per i romeni era una sorta di benefattore che aveva portato lavoro e soldi. Insomma, il cognato di Rosaria Massa, estradato dopo un braccio di ferro con Bucarest e attualmente sotto processo ad Aversa, è una specie di Paperone. Ma la moglie del fratello, di quelle fortune, non ne avrà vista neanche l'ombra se ha pensato di ricorrere al sussidio. Rosaria Massa, come detto, due giorni fa, si è presentata al Caf per compilare il modulo che consente di richiedere l'accesso al reddito di cittadinanza. E non è stata la sola.
Altre cinque persone di Casapesenna, imparentate con affiliati ai Casalesi, hanno a loro volta compilato la richiesta. Alcuni di loro, peraltro, hanno già usufruito del Reddito di inclusione introdotto da Renzi. Ora c'è il nuovo sussidio e, avranno pensato, tanto vale provarci. E poi, nella misura del governo gialloverde, le somme previste sono pure più sostanziose. Come è noto, però, dall'accesso al sussidio sono esclusi tutti i condannati con sentenza definitiva a pene superiori ai due anni. Se Rosaria Massa rientrerà tra coloro che usufruiranno del reddito, saranno i successivi controlli a stabilirlo. Per ora, dopo i casi di Ostia, con i sinti del clan Spada in fila per chiedere il rdc, quelli di Ercolano e di Ponticelli, dove ci provano parenti di esponenti delle cosche Ascione ed ex Sarno, anche la storia di Casapesenna suona come un paradosso alle orecchie del mondo dell'Antimafia, impegnato proprio in questi giorni a Venezia in ricordo di chi ha perso la vita a causa dei clan. Una sorta di provocazione ai familiari delle vittime innocenti della criminalità organizzata e del terrorismo. Che, loro sì, se hanno parenti fino al quarto grado che hanno avuto problemi con la giustizia, dall'indennizzo statale si ritrovano esclusi senza appello. Per non parlare delle vittime di criminalità comune. A loro l'accesso ai fondi speciali è negato a prescindere. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino