Casertavecchia, i proprietari dei suoli sfrattano le antenne: via in un mese

Casertavecchia, i proprietari dei suoli sfrattano le antenne: via in un mese
Alcune delle antenne che «svettano» nel cielo di Casertavecchia caratterizzandone (negativamente) lo skyline, presto spariranno. Finalmente, si penserà. Lo si...

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Alcune delle antenne che «svettano» nel cielo di Casertavecchia caratterizzandone (negativamente) lo skyline, presto spariranno. Finalmente, si penserà. Lo si aspettava da tempo. Il fatto è, però, che il problema non è stato risolto dal Comune, come veniva da tempo richiesto dagli stessi concessionari delle attrezzature di trasmissione, ma dai proprietari del terreno dove le antenne erano da anni collocate. Infatti, in seguito ad un contenzioso fra questi e i locatari del terreno e proprietari delle antenne, è arrivato un provvedimento di sfratto che, ieri, è diventato esecutivo con tanto di ufficiale giudiziario. Nella mattinata, infatti, i titolari delle strutture e dei sistemi trasmittenti sono stati costretti a spegnere ad horas gli impianti, ma non hanno potuto rimuovere le attrezzature tanto è complessa l'operazione. Lo faranno entro 30 giorni.

«Insomma, il danno e la beffa - commenta Luigi Conte, amministratore di Primaradio e rappresentante delle concessionarie delle antenne situate a Casertavecchia - dopo aver a lungo e inutilmente chiesto al Comune di indicarci un'area alternativa dove spostare le antenne, ora ci ritroviamo a dover sospendere le trasmissioni come se i negligenti fossimo stati noi». Da qui la rabbia dei concessionari. «Da anni chiediamo al Comune di indicarci un'area per delocalizzare gli impianti: saremmo ben lieti di spostare le attrezzature altrove, ma ad oggi non è stato possibile. Eppure, l'amministrazione comunale ha già individuato l'area in località Montone, peraltro di sua proprietà, dove si potrebbero spostare e ha anche intrapreso l'iter per realizzare l'intervento, ma, nonostante le nostre reiterate richieste, non si decide a completare la procedura».

Così, mentre gli interessati si rivolgevano al Comune per avere i documenti e l'accesso all'area al fine di prendere atto dello stato dei luoghi e avviare la relativa progettazione propedeutica alla realizzazione delle infrastrutture e all'inoltro dell'istanza di autorizzazione al Mise, sono arrivati prima i proprietari del terreno. Un'azione di forza legittima ma dannosa per i concessionari che ora sono intenzionati a rivalersi contro il Comune. «Ho inoltrato l'ennesimo sollecito al sindaco per avere le risposte che chiediamo da tempo, mentre, come editore e amministratore di Primaradio, mi sono riservato spiega Conte - senza ulteriore preavviso, di adire le vie legali per i danni subiti e subendi».

In effetti, in mancanza di un nuovo sito, gli impianti rimarranno spenti per un tempo non determinabile. «Le procedure sono lunghe e complesse: ci vogliono, in fase di progettazione almeno quindici relazioni, da quelle strettamente tecniche a quella ornitologica, faunistica, paesaggistica. Inoltre, visto che il Comune non si è fatto parte attiva, dubito che lo possa fare ora. Da qui il timore che la situazione rimanga cristallizzata ancora per anni, con le prevedibili conseguenze sulla nostra attività», aggiunge Conte. Per poter delocalizzare le antenne, le procedure sono lunghe: è necessario che il Comune autorizzi gli interessati ad entrare nell'area per effettuare le misure sul terreno e avviare la progettazione da presentare al Ministero dello Sviluppo economico. Quindi, bisogna attendere da questo l'autorizzazione per procedere alla realizzazione materiale delle strutture di supporto agli impianti.

«Invece, il Comune, con la sua attività passiva dal punto di vista amministrativo, continua a danneggiare i nostri interessi e ritardare la rimozione di quelli che obiettivamente sono inserimenti antiestetici nel bel mezzo di un borgo medievale», aggiunge Conte. Che ha anche un'altra preoccupazione: «Noi concessionari abbiamo una serie di vincoli, come quello di non modificare le antenne, di non alzarle, di non alterarne la potenza, e, soprattutto, di non spegnerle. Cosa che, nostro malgrado, oggi (ieri, ndr) siamo stati costretti a fare. Con il rischio di essere ritenuti responsabili del mancato servizio e di vederci revocare l'autorizzazione».
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Il Mattino