Squartarono il cadavere di un corriere per recuperare la droga contenuta in un ovulo che, rompendosi, lo aveva ucciso, poi disseminarono i suoi resti per le campagne. È uno...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
L'operazione è stata eseguita dai carabinieri del comando provinciale di Caserta e ha portato alla ricostruzione di una rete di contatti che portava il gruppo "Eye" a inviare una parte dei proventi delle attività illecite, in Africa. "Una organizzazione transnazionale", come l'ha definita in conferenza stampa il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, "che aveva ramificazioni anche in altre zone d'Italia". E infatti, oltre ai nigeriani, sono finiti in manette anche due italiani.
Determinanti per le indagini sono state le dichiarazioni di una ragazza, vittima della tratta di prostitute, che collaborando con la procura ha reso possibile ricostruire, tra le altre cose, anche i rituali di iniziazione con i quali gli affiliati venivano ammessi nel clan. "La comunità africana sul Litorale Domitio è composta anche da tante brave persone - ha commentato il colonnello Giancarlo Scafuri - e il lavoro di recupero di quelle zone degradate va affrontato costruendo anche su questa base".
Dovevano bere un miscuglio di sangue di animale e resti bruciati della propria foto e di quella raffigurante un'aquila nera gli immigrati africani che entravano a far parte, a Castel Volturno del gruppo dell'Eye, agguerrita organizzazione che trafficava e spacciava droga per conto dell'associazione madre che opera in Nigeria. Il rito si concludeva con la pronuncia di un giuramento di fedeltà ad un codice.
Il gruppo smantellato dai carabinieri con il coordinamento della Dda di Napoli non è ancora giuridicamente qualificabile come clan mafioso nel senso tradizionale del termine, non essendo stata contestata l'associazione mafiosa (articolo 416 bis del codice penale), ma di certo i rituali ricordano, seppur con aspetti più tribali, il rito della punciuta di Cosa Nostra; tra l'altro, come avviene nei clan campani, chi entra a far parte del gruppo dopo il rituale non può più uscirne.
L'organizzazione comunque, seppur non avesse il controllo completo del territorio di Castel Volturno, svolgeva alcune delle classiche attività delle cosche italiane, ovvero imponeva il pizzo agli immigrati africani che svolgevano attività economiche che in caso di rifiuto veniva puniti con pestaggi. L'organizzazione era formata soprattutto da nigeriani, ghanesi e liberiani.
È stata fatta luce, durante le indagini, sui riti di affiliazione e sui codici comportamentali in vigore nel gruppo dell'Eye. Molti degli indagati sono clandestini e lo spaccio delle sostanze stupefacenti, acquistate anche all'estero, avveniva a Castel Volturno, ma anche a Roma e Firenze. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino