CASERTA - Da «mostro» a futuro museo. È il destino della centrale nucleare del Garigliano, a quasi 40 anni dai problemi tecnici (incidenti) e naturali...
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Dopo una prima esperienza positiva nel 2015, la Sogin - società che cura la bonifica e la dismissione delle quattro centrali italiane (quella casertana dovrebbe terminare entro il 2026), riapre le porte dei siti nucleari per dare informazioni a far conoscere «nella massima trasparenza» - assicura il responsabile dei siti Sogin Centro-Sud, Severino Alfieri -cosa avviene concretamente all’interno delle aree, ormai non più produttive da decenni dopo il referendum abrogativo sull’energia nucleare del 1987. I giorni dell’Open Gate sono i prossimi 6 e 7 maggio ma c’è tempo fino al 20 aprile per prenotare (sul sito sogin.it) la visita gratuita alla centrale nucleare del Garigliano, che si trova vicino a Sessa Aurunca, al confine tra Campania e Lazio.
Complessivamente «ammonta a circa 100 milioni, pari al 30% del totale previsto, la somma già stanziata per gli interventi di smantellamento e bonifica (decommissioning) all’interno della centrale casertana - spiega ancora Alfieri - che sono arrivati al 50% dello stato di avanzamento dei lavori». Resta però la parte più importante che è rappresentata dallo svuotamento del reattore e del suo cuore, il vessel, che genera il 99% della radioattività presente nel sito.
Dopo aver realizzato un deposito ex novo nell’area (D1), aver effettuato gli adeguamenti strutturali nell’altro deposito in funzione (Ex-diesel) e bonificato due delle tre «trincee» presenti nella centrale; resta ancora l’ultima delle quattro fasi dello smantellamento del camino da 90 metri che svetta sulla sfera-reattore. Le prime tre sono già terminate, compresa la decontaminazione delle pareti interne - tecnicamente si chiama scarifica - effettuata con l’utilizzo di un robot di tecnologia italiana. Al suo posto sarà realizzato un nuovo camino alto un terzo che servirà a completare le ultime attività di decommissioning.
Il prossimo obiettivo è il reattore per cui è stato approntato un progetto che pende il nome di «Vega-vessel». «È certamente la sfida più impegnativa - spiega il direttore dell’impianto del Garigliano, Fabrizio Scolamacchia - che prevede tre fasi che contiamo di avviare entro il 2019».
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Il Mattino