Coronavirus, detenuti in sciopero della fame: sospesa anche la consegna dei pacchi

Coronavirus, detenuti in sciopero della fame: sospesa anche la consegna dei pacchi
È iniziato ieri lo sciopero della fame e la protesta dei mille detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere che, per tre volte al giorno, faranno la...

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È iniziato ieri lo sciopero della fame e la protesta dei mille detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere che, per tre volte al giorno, faranno la «battitura», ovvero picchieranno con gli utensili contro le sbarre per manifestare pacificamente, ma con molesta decisione, tutto il loro disappunto per la gestione che in questo momento si sta facendo delle carceri a fronte di un rischio epidemiologico che ha già sfiorato, molto da vicino, i detenuti dell’«Uccella». 

 
Un medico e due infermieri del servizio sanitario penitenziario sono infatti risultati positivi al covid-19 nell’ultima settimana. Nessuno di loro, secondo le fonti ufficiali, è entrato in contatto diretto con i detenuti nelle ultime due settimane. Gli infermieri, è stato reso noto ieri, hanno smesso di lavorare il 7 marzo. Dato che dovrebbe generare una certa rassicurazione ma che, come è ovvio, non placa gli animi dei detenuti e dei loro familiari che, nella giornata di ieri, hanno inviato una lettera dal contenuto durissimo al dipartimento del Ministero della Giustizia, al governatore De Luca, al provveditorato regionale per l’amministrazione penitenziaria, al garante dei detenuti, Samuele Ciambriello, e ai presidenti dei tribunali di Santa Maria Capua Vetere e della Sorveglianza. 
 
«Condanniamo le evasioni avvenute in altre carceri durante le proteste del 7 e dell’8 marzo e sottolineiamo che il comandante ha dimostrato grande sensibilità attivando, dopo lo stop ai colloqui, per noi dell’«Uccella» la comunicazione via Skype e le telefonate gratuite, ma in questa fase così difficile avvertiamo l’assenza degli operatori esterni come gli psicologi», scrivono i detenuti. «Ma siamo preoccupati - si legge, ancora, nella missiva - perché nonostante si siano verificati casi di contagio in diverse carceri, inclusa la nostra, non sono stati adottati provvedimenti specifici. Non si tiene conto della presenza di detenuti ultrasessantenni e malati, non si tiene conto del sovraffollamento che non ci consente di mantenere le distanze che i decreti del presidente del Consiglio impongono per tutti i cittadini italiani, e non si considera che la prevista scarcerazione di coloro che possono ottenere i domiciliari non migliorerà le condizioni di vita nelle case circondariali perché solo in poche decine (60 ndr) posseggono i requisiti per ottenere i domiciliari. Chiediamo che ci sia un intervento sulla politica, perché si intervenga con un indulto. Per queste ragioni, iniziamo uno sciopero della fame e del sopravvitto a oltranza, effettuando una battitura tre volte al giorno (alle ore 11,15 e 18) senza danneggiare la struttura, al fine di non essere dimenticati dalle istituzioni». La lettera è stata sottoscritta da decine di detenuti italiani e di numerose altre nazionalità. 
 
Mentre a Santa Maria monta la protesta, nuove limitazioni si abbattono inevitabili sulla popolazione carceraria dell’«Uccella» e di tutta Italia. Il Dap ha infatti interrotto la consegna dei pacchi da parte dei familiari, facendo proprie le indicazioni della Protezione civile che ha stabilito ulteriori limitazioni di movimento per le persone nell’ottica della stretta anti-contagio. In Italia si trovano in stato detentivo 60mila persone per cui altrettante, ogni settimana, si spostano per consegnare ai reclusi pacchi con alimenti e biancheria pulita. 
 

Lo stop alla consegna dei pacchi porta con sé una triplice problematica. Da un lato rappresenterà un costo finora non supportato perché le eventuali spedizioni a carico dei familiari saranno affidate solo alle Poste, e quindi a pagamento, con evidenti limitazioni sul peso e il volume dei pacchi, dall’altro creerà, nel penitenziario di Santa Maria come in altre case circondariali, un ingolfamento del servizio di lavanderia. E, nell’istituto di pena casertano, il servizio di igienizzazione degli abiti è insufficiente per tutti i detenuti che sono oltre mille a fronte di una capienza di 800 posti. Un aspetto beffardamente contraddittorio in un momento in cui l’igiene personale è una delle principali misure anti-virus adottate e sponsorizzate in tutto il Paese. 
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Il Mattino