Sette pagine in tutto, con riferimenti molto dettagliati ad alcuni appalti nel settore della sanità che avrebbero fatto gola anche alla famiglia di Luigi Cesaro. Eccolo...
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Prime ammissioni
Decisivi gli interrogatori dinanzi a gip e pm: da un lato, infatti, Nicola Cosentino ha confermato di aver ricevuto in passato una pen drive dalle mani del maresciallo Iannini, nella quale erano presenti atti legati a un'inchiesta a carico del clan Puca e dello stesso Luigi Cesaro; dall'altro, Iannini - messo alle strette dalle testimonianze incrociate - ha ammesso di aver consegnato la pen drive, di avergli regalato una informativa top secret (con tanto di richieste di intercettazione, frutto del lavoro del pm Gloria Sanseverino), per favorirlo nella delicata partita politica che si stava giocando nel centrodestra tra il 2013 e il 2014.
Nuovo dossier
Ma andiamo con ordine, a partire dalle carte che i carabinieri del comando provinciale di Caserta, agli ordini del colonnello Giancarlo Scafuri, hanno rinvenuto a Orta di Atella, in un'abitazione di Iannini. Stando a una prima ricognizione, sono spuntati altri documenti giudiziari: si tratta di pagine riconducibili a non meglio precisati organi dei servizi segreti, pagine di fatti di rilievo penale che riguardano appalti pubblici nel mondo della sanità e interessi imprenditoriali ancora una volta riconducibili alla famiglia di Luigi Cesaro.
Cesaro nel mirino
Una sorta di dossier che poteva alimentare potere di ricatto nei confronti di qualcuno (in questo caso i Cesaro), ma che poteva arricchire rendite di posizione politica in seno al centrodestra. È uno dei tasselli che rafforza il quadro generale delle indagini: sia nei finti verbali di Prestieri, sia nell'informativa vera del clan Puca, ma anche nell'ultimo dossier trovato in casa di Iannini, Cesaro è sempre presente. Era oggetto di un ricatto? Inchiesta coordinata dal capo del pool anticamorra, il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, e seguita dai pm Alessandro D'Alessio, Fabrizio Vanorio e Antonello Ardituro (quest'ultimo da due anni al Csm), si punta a verificare l'esistenza di una sorta di centrale del dossieraggio per fini estorsivi. E torniamo agli interrogatori. Difeso dal penalista Bruno Cervone, Iannini ha abbassato la guardia. Ieri mattina, dinanzi al gip Isabella Iaselli (poi nel pomeriggio nel corso del primo interrogatorio investigativo ai pm) ha fornito le prime ammissioni. Ha confermato di aver reso la pen drive nera trovata in casa di Cosentino, quando l'ex sottosegretario del governo Berlusconi venne arrestato l'ultima volta. Ma ha negato di aver confezionato (con una serie di manipolazioni ad hoc) i finti verbali dei Prestieri sui rapporti tra la famiglia Cesaro e la camorra di Secondigliano. Particolare quest'ultimo non secondario, perché - se fosse vero - aprirebbe lo scenario ad un'altra domanda: quanti sono i corvi che agiscono all'ombra della Procura di Napoli? Quante manine riescono ad miscelare verbali veri e testimonianze posticce da spedire al potente di turno a fini estorsivi? Conferma su tutta la linea, invece, per quanto riguarda l'informativa del clan Puca riversata nella pennetta nera. Ma a quale scopo? Su questo punto, Iannini è sembrato più vago. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino