Suocero e genero uccisi a fucilate, l'ipotesi: «Le vittime erano armate»

Suocero e genero uccisi a fucilate, l'ipotesi: «Le vittime erano armate»
Il killer tace, ma i morti, il loro passato e i loro tanti guai con la giustizia, parlano. È il giorno dopo il duplice omicidio di Durazzano, con il paese ancora sotto choc...

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Il killer tace, ma i morti, il loro passato e i loro tanti guai con la giustizia, parlano. È il giorno dopo il duplice omicidio di Durazzano, con il paese ancora sotto choc e gli investigatori a un punto certo, l’assassino in carcere, ma tanti nodi da sciogliere. Perché, alla luce del profilo delle vittime, pare incredibile che sul selciato, in piazza Galilei, siano rimasti i loro cadaveri e non quello di Francesco D’Angelo, 52 anni, operaio saltuario che tutti descrivono come una persona tranquilla, mai violenta. L’assassino, o presunto tale, è un personaggio diametralmente opposto a Mario Morgillo, a suo figlio Gennaro e al genero, il camionista Andrea Romano. Loro tre, sì, sono noti sia a Santa Maria a Vico che a Durazzano, dove si sono trasferiti nell’autunno scorso, come attaccabrighe, violenti e vendicativi. Tra le pieghe dell’inchiesta per la morte di Morgillo senior e di Romano, che deve ricostruire il movente del pomeriggio di sangue, l’ipotesi che le vittime fossero a loro volta armate. Che, insomma, quando hanno iniziato a pedinare D’Angelo hanno cercato di ucciderlo e che lui, l’operaio, abbia sparato per difendersi. Il numero di colpi, tre, esplosi con un’arma da caccia, una carabina che i carabinieri hanno già recuperato, parla di un omicidio «senza efferatezza». Non una gragnuola di proiettili, ma tre fucilate, tutte a segno, nel bel mezzo della piazza del paese mentre diverse persone erano in giro perché, in quelle ore, si stava tenendo l’inaugurazione di un locale.


I carabinieri, coordinati dalla Procura di Benevento, diretta da Aldo Policastro, hanno già interrogato diverse persone. E, al vaglio, ci sono anche una serie di video filmati dalle telecamere della zona in cui si è verificato il duplice omicidio. Ma il testimone più atteso dai pm è il figlio di Morgillo, Gennaro, che della storia che ha portato alla fine di suo padre e di suo cognato dovrebbe sapere più di tutti. Perché, Gennaro, ventinove anni, precedenti per droga, violenza, resistenza a pubblico ufficiale, è sicuramente al corrente di quanto è successo prima della mattanza. Delle liti che hanno preceduto le fucilate, sia quelle datate che quelle recenti. E forse, anche di quei minuti che hanno preceduto il duplice omicidio, quando Morgillo e il cognato avrebbero spaccato a colpi di mazza il lunotto del furgone dell’uomo che poi li ha assassinati. 

Per ora, come detto, il killer tace. Fermato un’ora dopo il delitto, Francesco D’Angelo ha preferito non riferire nulla al magistrato che lo ha interrogato d’urgenza nella notte di domenica, né ai carabinieri che lo hanno bloccato. Nessuna spiegazione, per adesso. Nessuna strategia difensiva delineata, almeno fino a domani mattina quando, assistito dall’avvocato Valeria Crudo, D’Angelo comparirà dinanzi al gip di Benevento per l’udienza di convalida del fermo. Intanto si attende l’esito dell’autopsia che si terrà all’istituto di medicina legale del Rummo di Benevento. Solo dopo sarà autorizzato il rilascio delle salme che, con tutta probabilità, saranno trasportate direttamente al cimitero, È difficile infatti che vengano autorizzati funerali in forma pubblica. 


Dove ha preso il fucile D’Angelo? E, soprattutto, quando? Non aveva il porto d’armi né la carabina usata per uccidere i due casertani era denunciata. I carabinieri lavorano anche a questo, in attesa di ascoltare la versione dei fatti dell’indagato, per ora detenuto al carcere Capodimonte di Benevento.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino