La pianta di ciclamini ha fatto appena in tempo ad appassire che qualcuno l’ha rimpiazzata con fiori freschi. E, per assicurare al defunto adorni perpetui, qualcun altro ha...
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Nel cappellone del cimitero monumentale della città dei gladiatori, la sua tomba, in fondo a una suggestiva scalinata in pietra, si trova nell’area in cui si trovano i defunti sepolti a carico del Comune. Qualcuno, anni fa, di nascosto, ha sistemato una lapide di finto marmo davanti al loculo che, per legge, avrebbe dovuto recare solo un numero. La tomba dei criminali nazisti dovrebbe essere anonima, spiegano al cimitero, e inizialmente su quella del boia c’era solo una matricola corrispondente alla cifra che, nei registri, riportava all’identità. Invece, da otto anni, la tomba reca il nome e il cognome del macellaio nazista. Qualcuno, con un pennarello, ha però disegnato una svastica ed elencato tutte le atrocità commesse in vita da Mischa: «Il boia di Bolzano, criminale nazista, seviziò e trucidò vecchi, donne e bambini».
I custodi affermano di non sapere chi abbia installato la stele con il nome e negano di essere a conoscenza dell’identità di coloro che periodicamente depongono fiori ai piedi della lapide abusiva di Seifert. Nostalgici del Reich? neonazisti che militano in gruppi di estrema destra, che ancora oggi considerano la tomba del boia nazista una meta di pellegrinaggio? La Digos tiene d’occhio alcuni che sono stati detenuti con Mischa a Santa Maria Capua Vetere e personaggi dell’estrema destra in passato e anche più di recente candidati alle elezioni con Forza Nuova, Msi e Casapound in piccoli comuni del Casertano, nel Molisano e del Basso Lazio. Si danno appuntamento su Facebook e convergono sulla tomba del macellaio che torturava i deportati con cocci di vetro. Il carceriere di Mike Bongiorno che lo rinchiuse in una gabbia per polli quando, arrestato dalle Ss mentre cercava di scappare in Svizzera, fu imprigionato nel lager di Bolzano; il presentatore si salvò perché aveva passaporto americano. Donne e bambini, uomini privati della libertà e della dignità, invece, finirono sotto la frusta del boia. Torturati, mortificati, assassinati.
Mischa Seifert è stato il quarto criminale di guerra nazista perseguito dalla giustizia italiana. La sua storia è nota e pubblica è oramai la sua tomba, che qualcuno provvede ad adornare puntualmente. E che le autorità italiane, ancora oggi, non privano di un’identità. Per sottrarre le salme dei criminali di guerra ad azioni vandaliche o agli omaggi dei neonazisti, avrebbe dovuto essere coperta dal segreto di Stato. Come accadde per Erich Priebke, l’ufficiale responsabile dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Invece, fanatici di un’era che grazie a Dio si è chiusa settantadue anni fa, sanno dove trovare la salma di Mischa, e l’hanno elette a simulacro dell’orrore nell’indifferenza generale. Nella stessa area del cimitero monumentale di Santa Maria Capua Vetere c’è la tomba dello scultore Raffaele Uccella. Un angelo a grandezza umana china il capo verso la terra. Sembra scuoterla. Sulla lapide dell’artista non c’è neanche un fiore. A volte neanche la morte è una livella. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino