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Il «mondo alla rovescia» a Santa Maria Capua Vetere parte prima delle 9 di ieri quando i carabinieri si mettono a dirigere il traffico tra il parcheggio del carcere e il percorso verso le aule bunker. Una disposizione necessaria per gestire i numeri di un maxiprocesso che si profila lungo e articolato oltre che superaffollato. E che, inutile dirlo, si svolgerà a favore dei media. Le telecamere, i fotografi, i cronisti tornano nell’aula bunker di Santa Maria Capua Vetere quasi 17 anni dopo i maxiprocessi Spartacus che sancirono l’esistenza dell’antistato a Caserta, quello dei Casalesi, e si dibatterono sotto l’attento occhio dei reporter. Questa volta, però, alla sbarra c’è un pezzo di Stato. Il mondo alla rovescia. E sono centotto gli imputati, tra agenti di polizia penitenziaria e funzionari del Dap, per i quali la Procura è pronta a chiedere il processo. Un esercito di avvocati in fila davanti all’ingresso della bunker, un capannello di giornalisti, qualche sindacalista che, ancora e ancora, si mette a favore di camera per sottolineare che no, non è la Polizia penitenziaria sotto processo, ma solo «chi ha sbagliato» e che loro, gli agenti, son pronti a farsi «montare sul casco una webcam» in nome di una «trasparenza» nei reparti penitenziari che, allo stato, non è garantita manco dal codice identificativo sugli elmetti. Retorica a parte, scorre lento l’accesso all’aula. Arrivano i sostituti procuratori Daniela Pannone e Maria Alessandra Pinto, poi il procuratore aggiunto Alessandro Milita che ha coordinato la delicata inchiesta delegata ai carabinieri. Solo qualche avvocato si ferma con i giornalisti accreditati, ovviamente, solo per l’area antistante la bunker - l’udienza preliminare si svolge a porte chiuse – e che cercano commenti, ma né per i difensori, né per la Procura è il momento di parlare. Almeno non fuori dall’aula con la prima partita da giocarsi sulla proroga delle venti misure cautelari ai domiciliari per i poliziotti ancora detenuti. Il gup rigetta l’istanza per la sospensione dei termini di custodia cautelare e passa all’esame della richiesta di proroga delle medesime ordinanze ai domiciliari.
I tempi, è inevitabile, sono dilatati dai numeri imponenti del processo. Ed è evidente sin da subito. Solo l’appello – tra 108 indagati e 200 parti offese - richiede oltre un’ora, poi tocca alle aspiranti parti civili. Deciderà il gup il prossimo 11 gennaio chi ha titolo per la costituzione. Sono 54 le richieste. Oltre a una parte dei detenuti massacrati di botte il 6 aprile del 2020, e quindi che compaiono tra le parti offese, hanno presentato istanza per la costituzione l’Avvocatura di Stato, il Ministero della Giustizia, l’associazione Antigone, il garante dei detenuti della Campania Samuele Ciambriello e molte altre associazioni. Sin da subito, a ogni modo, le parti offese (tra le quali compaiono gli avvocati Mario Mangazzo e Rossella Luglio) hanno presentato eccezione annunciando che citeranno per il risarcimento dei danni anche il Ministero della Giustizia.
La camerale per discutere la richiesta di proroga delle misure cautelari in scadenza a fine mese si è protratta fino alle 18.
Il Mattino