Il garante dei detenuti Ciambriello in visita al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere

L'appello del garante Samuele Ciambriello

Il garante al carcere di Santa Maria Capua Vetere
Oggi il garante campano dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Samuele Ciambriello, ha fatto visita all’unico carcere militare...

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Oggi il garante campano dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Samuele Ciambriello, ha fatto visita all’unico carcere militare giudiziario d’Italia “Caserma Ezio Andolfato”, situato a Santa Maria Capua Vetere. Ad accoglierlo il colonnello Giancarlo Sciascia, comandante dell’organizzazione penitenziaria militare e il direttore, tenente colonello Rosario Del Prete.

Il Garante ha visitato, accompagnato dal direttore, i vari reparti, nonché i laboratori ove si svolgono diverse attività, fra cui pittura, bricolage, ceramica, teatro. Ha incontrato ed ascoltato i detenuti, alcuni dei quali sono regolarmente iscritti all’Università per conseguire diversi titoli di studi. Il carcere oggi ospitava 49 detenuti appartenenti a diverse forze dell’ordine (carabinieri, guardia di finanza, poliziotti penitenziari) coinvolte anche in noti fatti di cronaca.

All’uscita del carcere il Garante regionale Ciambriello ha dichiarato: «I detenuti dell’istituto vivono in condizioni dignitose rispetto alle carceri civili. L’organizzazione trattamentale è composta da un educatore militare, due psicologi, uno militare e uno civile, il loro magistrato di sorveglianza competente si trova a Santa Maria Capua Vetere. Con piacere ho dialogato con i sette studenti universitari, tutti iscritti all’Università Federico II di Napoli. Alcuni dei ristretti, nonché il direttore hanno rappresentato che il problema maggiore è quello relativo al lavoro. L’ordinamento penitenziario militare non prevede l’accesso per tutto il periodo detentivo ad alcuna forma di lavoro, né di pubblica utilità, né attività socialmente utile. Si tratta di un vuoto legislativo. È un problema di cui si dovrebbe occupare la politica nazionale che, oltre alla certezza e la “qualità” della pena, ha il dovere di assicurare il diritto allo studio, al lavoro al fine di garantire il corretto inserimento sociale. Dunque, non avendo i detenuti militari la possibilità di svolgere alcun tipo di lavoro all’interno e all’esterno dell’istituto, mi auguro una maggiore e particolare attenzione da parte della Magistratura di sorveglianza».

 

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Il Mattino