Hanno sfilato davanti ai giudici gli operai della fabbrica Rieter, Salvatore De Matteo e Maurizio Ciccarelli, colleghi di Lorenzo Borrelli, ucciso dalla pressa difettosa...
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In aula a Santa Maria Capua Vetere, c'erano sia la giovane moglie di Lorenzo che il fratello e la madre del povero operaio che perse la vita a causa di un apparecchio difettoso. Quando il macchinario si fermava gli operai entravano nella stanza della macchina accedendo da un cancelletto che doveva restar chiuso e posizionando dei legnetti sotto alla pressa. Manovra non prevista da nessun manuale. Di fronte ai giudici, sono comparsi anche alcuni imputati la scorsa udienza - fra loro Andreas Gerhard Becker, Piero Faccioli, Alfredo Ruggero, Claudio Insero, Maurizio Esposito, Giuseppe Merola, Giuseppe Laudisa e Raffaele Terracciano - e l'avvocato che rappresenta la parte civile, Carlo De Stavola, ha contestato a tutti la circostanza del macchinario difettoso in fabbrica.
Tutti sapevano, stando alla tesi della procura rappresentata dal pm Calo Fucci, ma nessuno ha fatto nulla per evitare la morte di Lorenzo. L'operaio Borrelli fu schiacciato dalla pressa Pk, mentre tentata di non far bloccare la catena di montaggio perché il macchinario era difettoso. Il consulente di parte civile, l'ingegnere Anacleto Fuschetti, nella precedente udienza in tribunale, ha spiegato ai magistrati che al traguardo degli otto fogli prodotti dalla macchina era necessario sistemare due bastoni per staccare i fogli di materiale bituminoso e, siccome la delicata e pericolosa pratica veniva eseguita dagli operai perché la macchina non era stata sottoposta alla manutenzione, c'era il reale rischio di rimetterci la pelle. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino