In fuga i due Casalesi emissari delle estorsioni

Le intercettazioni-chiave che legano i neo-camorristi alle loro responsabilità.

Antonio Iovine
«Questi hanno i soldi, sono quattro fratelli e stanno pieni di soldi. Gli ho detto: vammi a prendere mille euro e basta». Ecco una intercettazione-chiave che...

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«Questi hanno i soldi, sono quattro fratelli e stanno pieni di soldi. Gli ho detto: vammi a prendere mille euro e basta». Ecco una intercettazione-chiave che lega per sempre i neo-camorristi alle loro responsabilità. È gennaio 2020, poco prima che scoppi il lockdown a causa della pandemia: Giovanni Della Corte (arrestato martedì scorso per associazione mafiosa) torna in auto dove lo aspetta Giuseppe Di Tella e tale Alfonso; si rivolge a loro e dice di aver preso denaro direttamente dalla cassa di un supermercato di San Cipriano d'Aversa, uno dei negozi dove il clan fa un po' ciò che vuole. La famiglia che gestisce il supermarket è sotto scacco della camorra, impaurita. I gestori della catena di supermercati si piegano, si disperano, ma lavorando tutto il giorno e non possono fare gli eroi in un territorio dove appena 14 anni fa si contavano 18 morti nel giro di nove mesi per mano di un latitante e un manipolo di cani sciolti.


Ma i quattro fratelli, vittime del clan dei Casalesi, quando si rendono conto di essere stati chiamati a deporre in caserma dai carabinieri, su ordine della procura Antimafia di Napoli, rimpiangono di non aver denunciato prima le vessazioni subìte. Uno dei quattro fratelli, in particolare, nella sala d'attesa della caserma dei carabinieri, dice all'altro: «Tu gli hai fatto la fornitura, lo dovevi andare a denunciare, punto! Adesso come la vuoi chiamare? Estorsione, prestito, accompagnamento. Uno che viene e si prende la roba e non ti paga, come la chiami? Ti ha fatto l'estorsione!». L'altro fratello risponde: «Io lavoro dalla mattina alla sera e non tengo impegni con questa gente qua, per quieto vivere...».


La conversazione viene inserita nell'ordinanza emessa due giorni fa dal gip Isabella Iaselli che ha spedito in carcere e ai domiciliari 37 persone, comprese le figlie di Francesco Bidognetti detto «Cicciotto e' mezzanotte». Ed è lo specchio della cappa di terrore che ancora oggi copre l'area dell'agro aversano. I camorristi sono più accorti di prima, però. Più meticolosi, attenti. Proprio Della Corte (protagonista di questa estorsione) impone agli affiliati di non pronunciare mai il suo nome in presenza della vittime.


La verità è che l'allerta è altissima: anche stavolta due persone sono in fuga. Si tratta di Giuseppe Spada, nato a Santa Maria Capua Vetere e conosciuto come «o'zingaro» e Gabriele Salvatore detto «o'spagnuolo», embrambi irreperibili da due giorni per i carabinieri dell'Arma di Caserta e Aversa. ì due sono inseriti nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Iaselli per reati commessi con l'aggravante mafiosa. Pesanti le accuse che riguardano i due: se non si consegneranno alle forze dell'ordine saranno ricercati per i prossimi mesi in tutta Italia e anche oltre.


Le indagini che hanno scoperto l'intreccio di ruoli fra il clan Schiavone e Bidognetti - e che portano in ballo anche Carmine Zagaria (fratello del boss Michele di Casapesenna) - hanno fatto leva sulle testimonianze delle vittime, ma anche su un virus inserito dai carabinieri di Caserta nel cellulare di Oreste Reccia che incontra Vincenzo D'Angelo e Alfredo Baldassarre più di una volta, a quanto pare.

In una intercettazione si parla di mazzette di denaro, di borse e valigette che viaggiano per raggiungere le famiglie Bidognetti a Formia e Schiavone a Casal di Principe, alla vecchia maniera: «Nicola ha fatto due mazzetti di 10mila euro», dicono gli indagati. Quei mazzetti sono destinati ai familiari dei reclusi, dei boss. Niente tocca alla famiglia di Antonio Iovine o'ninno, spiegano i camorristi, perchè il cartello criminale degli Iovine a San Cipriano pullula di pentiti. Mentre Bidognetti che ha il figlio, Raffaele «o'puffo» collaboratore di giustizia, si può anche giustificare. E allora la parte a «Cicciotto» tocca sempre: e tocca a Katia, a Gianluca e a Teresa, i tre figli di secondo letto del boss, avuti con Anna Carrino, pentita pure lei. Per oggi sono previsti gli interrogatori per Katia Bidognetti (reclusa a Roma) e per il compagno Carlo D'Angiolella, ma anche per Emiliana e Francesca Carrino. Mentre aspetterà Teresa, alla quale sono stati concessi i domiciliari. Su tutto incombe la paura di una ipotetica vendetta da parte dei fuggitivi.

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Il Mattino