Jabil, 440 lavoratori scrivono a Meloni: stop ai licenziamenti

fallita la «fase sindacale», è in corso la «fase istituzionale»: Regione e governo devono individuare soluzioni alternative ai 190 tagli di posti di lavoro decisi dall'azienda

Una protesta dei lavoratori Jabil
«Egregio Presidente, siamo i 440 lavoratori della Jabil di Marcianise. Ci rivolgiamo a lei per un intervento forte con la multinazionale americana per il ritiro dei...

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«Egregio Presidente, siamo i 440 lavoratori della Jabil di Marcianise. Ci rivolgiamo a lei per un intervento forte con la multinazionale americana per il ritiro dei licenziamenti, e per trovare soluzioni alternative alla crisi, che da troppi anni accompagna Marcianise». Sono alcuni dei punti della lettera che i lavoratori del sito Jabil di Marcianise hanno inviato alla premier Giorgia Meloni, per ricordare al governo la delicatezza in questo momento della vertenza; fallita la «fase sindacale» prevista dalle norme sui licenziamenti collettivi, è ora in corso la «fase istituzionale» in cui sono le istituzioni, Regione e appunto Governo, a dover individuare soluzioni alternative ai 190 licenziamenti decisi dall'azienda il 23 settembre scorso; una fase che terminerà il 7 dicembre, e nel caso di esito negativo, l'azienda, conclusa la cassa integrazione l'11 dicembre, potrà inviare le lettere di licenziamento. A Meloni i lavoratori fanno notare la presenza in azienda di «tantissime donne, mogli e mamme che spesso sono l'unico sostegno del nucleo familiare e che non vogliono perdere la propria indipendenza economica. Il nostro appello è una chiara 'richiesta di aiutò rivolta a Lei».

Martedì 22 novembre si terrà una prima riunione in videoconferenza tra i vertici Jabil, i sindacati e la Regione, rappresentata dall'assessore Antonio Marchiello, poi un altro tavolo non ancora convocato al ministero per lo Sviluppo economico (Mise). Nella lettera a Meloni, i lavoratori Jabil ripercorrono le tappe della vertenza, partita nel giugno 2019. «Siamo un'azienda che vive di ammortizzatori sociali da quasi vent'anni, nel corso del tempo si sono susseguiti acquisizioni, cessioni, accordi di reindustrializzazioni e procedure di licenziamento. Circa trecento colleghi hanno deciso volontariamente di aderire a diversi progetti di reimpiego, tutti fallimentari, basti pensare agli ex colleghi oggi Softlab e Orefice, collocati i primi in cassa integrazione con ritardi sulle retribuzioni mensili, i secondi licenziati».

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Il Mattino