Caserta, sesso nel tempio di Wojtyla: «Era la garçonniere di don Barone»

Caserta, sesso nel tempio di Wojtyla: «Era la garçonniere di don Barone»
Sul tetto del tempio col cellulare per far sentire alla sua amata il vento forte che soffia in cima al santuario e farle capire che, se lei lo avesse lasciato, si sarebbe buttato...

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Sul tetto del tempio col cellulare per far sentire alla sua amata il vento forte che soffia in cima al santuario e farle capire che, se lei lo avesse lasciato, si sarebbe buttato di sotto. Era pronto a tutto, per lei, la sua amata, anche a fare follie. Finanche a togliersi la vita. In amore, si sa, tutto è concesso e in una relazione appassionata spesso si perde il controllo. Sarebbe tutto normale se non fosse che l’«innamorato pazzo» è un prete e che quel prete, da quasi un anno, è in carcere per maltrattamenti su minore e abusi sessuali su due giovani parrocchiane. Sarebbe, ancora, tutto normale, se solo il tempio di Casapesenna, meta mariana che nel ‘90 fu inaugurato da Giovanni Paolo II, non fosse diventata la garçonniere di un sacerdote che, sempre secondo la sua ex amante, «usava i locali del tempio per i nostri incontri sessuali». Agli atti dell’inchiesta incardinata un anno fa dalla Procura diretta da Maria Antonietta Troncone c’è la testimonianza di una giovane donna che sostiene d’essere stata per un anno l’amante di don Michele Barone. Ieri, quella ragazza, è stata interrogata dai pm Alessandro Di Vico e Daniela Pannone e dal collegio difensivo, composto dagli avvocati Carlo De Stavola, Camillo Irace, Maurizio Zuccaro nonché dal legale di parte civile, Rossella Calabritto. È ripreso ieri il processo che vede imputato il sacerdote al centro del caso esorcismi e abusi, i genitori della vittima minorenne e il commissario di polizia Luigi Schettino.


La ragazza ha confermato la relazione consensuale. Ha riferito che il prete le prometteva che avrebbe lasciato la toga, ma dopo mesi non abbandonò la vita sacerdotale e lei fu anche minacciata dai parenti camorristi di Barone e, quando i genitori seppero della tresca la picchiarono. Finì così la love story, ma in quel periodo, ha detto la teste: «BArone mi dava soldi falsi da smerciare e mi raccontava di essere in contatto con gente di strada e di potermi procurare merce ricettata».

A quanto pare, minacciando «ire divine» in caso di comportamenti ribelli, il sacerdote era riuscito a creare un collante inossidabile tra gli adepti. E, qualora brandire vendette celesti non fosse bastato, era pronto a ricorrere a mezzi ben più terreni. I cazzotti. Lo ha raccontato un ragazzo che per lungo tempo è stato molto vicino a Barone tanto da comparire con lui sulla rivista «Miracoli». «Un giorno mi rifiutai di andare a una festa. Mi vide per strada e in preda a un raptus si lanciò fuori dall’auto e mi prese a pugni in faccia. Mi spaccò un labbro, tanto che iniziai a sanguinare» ha riferito il giovane.

«Durante un viaggio in Irlanda dopo che vidi Barone prendere migliaia di euro dalla sua segretaria irlandese. Successivamente, siamo stati contattati da Caroline La Roche che ci disse che don Michele questi soldi li dava a quelli della Casetta di Nazareth». «Dopo il pestaggio iniziai a chiedere in giro ai preti se effettivamente quei soldi li dava alla Fondazione, ma smentirono categoricamente».


I testi sostengono di avere assistito a numerosi esorcismi, alcuni molto violenti, e alle manifestazioni della presunta «veggente» di Casapesenna che sostiene di parlare con la voce della Madonna e di San Michele. «Ma a un certo punto iniziò a fare pettegolezzi su un’ adepta dicendo che aveva una relazione con tale don Guido, prete della stessa forania. Capii che il gossip non era certo prerogativa della Vergine e che quella ragazza ci prendeva in giro tutti».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino