La scarcerazione anticipata dell’ex killer di Mondragone, Augusto La Torre, si gioca su un calcolo aritmetico: se all’ex spietato capozona del litorale viene applicata...
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La decisione è nelle mani dei magistrati del tribunale di Santa Maria Capua Vetere - giudici dell'esecuzione del collegio A del tribunale - che devono decidere, in questi giorni, cosa fare dell’istanza di riconoscimento del cumulo giuridico di pena per La Torre, presentata dal legale difensore del pentito; l’ex boss laureato in psicologia e appassionato di yoga è già uscito una volta dal carcere con un permesso premio e la sua foto finì su facebook.
All’interno dell’ambiente giudiziario si è creata più volte una spaccatura sulla valutazione di Augusto La Torre. Per la Procura, ad esempio, l’ex spietatissimo sicario di Mondragone sarebbe un lucido pentito, credibile fino a prova contraria nonostante le deviazioni che hanno segnato il suo percorso dalla camorra alla collaborazione con la giustizia. Per gli altri, i giudici principalmente, le «deviazioni» ne hanno minato l’attendibilità.
Il tutto sarebbe desumibile dal suo comportamento nei mesi successivi all’avvio della collaborazione del febbraio 2003. Il capoclan mondragonese a dicembre dello stesso anno era stato destinatario di una nuova ordinanza cautelare nella quale gli veniva contestata l’estorsione in danno del «re» della mozzarella, Mandara. Estorsione commessa nelle more della collaborazione. In virtù di quella «sbandata» era stato estromesso dal programma di protezione.
Ma intanto c’erano state sentenze con le quali erano state riconosciute comunque le attenuanti previste per i collaboratori, a fronte di dichiarazioni riscontrate dagli altri pentiti e dall’attività investigativa. Un corto circuito.
Il problema è che in quel periodo non aveva detto tutto e aveva anche approfittato del suo status per «vendicarsi», per esempio, della ex moglie della quale aveva scoperto il tradimento. In tempi recenti ha iniziato nuovamente a collaborare, ma non si capisce se una volta fuori potrà usufruire «del programma di protezione» se, intanto, ha perso dello status e benefici di «pentito». Intanto, una scarcerazione eccellente c’è già stata nel «panorama» criminale: quella di Carmine Zagaria, fratello del capoclan Michele detto Capastorta. Ora residente a San Marcellino. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino