Caserta. Sei ore per ascoltare un testimone, l’imprenditore Francesco Martino indagato in stato di libertà nel procedimento «Jambo 1». Due minuti per...
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Dibattimento «Medea», fase finale. Una delle ultime udienze si celebra nel tribunale di Napoli nord ad Aversa grazie alla connessione Telecom finalmente installata nel castello aragonese. E l’udienza dura sei ore e poco più. Il primo a sfilare in aula è Luciano Licenza che prima, nel processo su appalti e corruzione all’ospedale di Caserta, ammette l’intreccio di affari fra imprese milionarie e il «capo dei capi» del clan dei Casalesi, il boss ergastolano Michele Zagaria, e poi, in aula, si avvale della facoltà di non rispondere. «Non voglio parlare», ha infatti dichiarato ieri ai magistrati del collegio, presidente Mimma Miele. «Lo ha fatto perché desumo sia stato minacciato», ha poi tuonato in aula il pubblico ministero Maurizio Giordano della procura Antimafia.
«Nell’ottobre del 2016 Licenza ha denunciato ai carabinieri di Gricignano di Aversa di aver subito un attentato ai danni di un suo deposito con tanto di ritrovamento di due taniche di benzina nel capannone - ha continuato Giordano - per questo chiedo l’acquisizione dei verbali in cui ha reso dichiarazioni». I giudici si sono riservati. Capitolo chiuso. Ma anche no. Perché ciò è che acaduto ieri significa che la camorra è ancora viva e ha il potere di intimidire. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino