La vita di un uomo contro la garanzia del diritto alla salute di un camorrista. Al centro, le recenti scarcerazioni di mafiosi che pesano come macigni per chi, come Mimma...
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«Le scarcerazioni di persone che fuori hanno ucciso senza pietà, i buoni chiusi dentro per la pandemia e i cattivi fuori, mi fanno provare quella stessa solitudine che provava mio padre, uomo onesto, ucciso per mano di feroci assassini». Mimma Noviello, insegnante e madre di due bambini, si affida, così, a una lettera per ricordare il padre Domenico, imprenditore ucciso a Castel Volturno dai killer guidati da Giuseppe Setola il 16 maggio del 2008: Noviello aveva fatto arrestare per estorsione alcuni elementi del clan. «Quando nel 2001 camminavo con mio padre a Caserta - scrive nella lettera Mimma Noviello - lui era ansioso e si guardava intorno, preoccupato. Si guardava le spalle perché si aspettava di tutto, non entrava nei bar, evitava i luoghi affollati. Quanta solitudine avrà sentito, lo capisco solo oggi». Ieri, nella piazzetta a Baia Verde intitolata all'imprenditore, non c'è stata la commemorazione, «dove almeno una volta l'anno - ricorda Mimma - ricordavamo il sacrificio del mio papà». Tra i presenti c'era sempre il coordinatore del Comitato don Diana, Valerio Taglione, morto l'8 maggio. Ieri però il sindaco di Casal di Principe, Renato Natale ha fatto visita alla tomba di Noviello: lì ha incontrato i familiari. Un modo per «resistere» alla morte e tenere vivo l'amore donato in vita da Domenico Noviello. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino