Mini Irene ce la fa: l'«ombrello» del Cira «vola» nello spazio

Merito di questa tecnologia va anche al Cira di Capua, che l'ha progettata e realizzata insieme ad Ali e alla Federico II

Lo strumento hi-tech lanciato nello spazio
Una tipica forma «a ombrello», che insieme ai materiali utilizzati e al meccanismo di apertura fanno di «Mini Irene» un dimostratore di un sistema di...

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Una tipica forma «a ombrello», che insieme ai materiali utilizzati e al meccanismo di apertura fanno di «Mini Irene» un dimostratore di un sistema di protezione termica innovativo e unico al mondo. Il lancio è avvenuto ieri mattina dalla base Esrange di Kiruna in Svezia. E merito di questa tecnologia va anche al Cira di Capua, che l'ha progettata e realizzata insieme ad Ali e al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell'Università Federico II di Napoli. Anzi, il Centro Italiano Ricerche Aerospaziali è responsabile dell'ingegnerizzazione della tecnologia e coordinatore del progetto che ha goduto dei finanziamenti dell'Agenzia Spaziale Europea in ambito General Support Technology Programme, con fondi dell'Agenzia Spaziale Italiana.



«Per portare qualcosa sulla Stazione Spaziale Internazionale, o portarla da lì sulla Terra, bisogna attendere il passaggio di due sistemi, uno americano, l'altro russo. L'idea invece è quella di riuscire a progettare una piccola capsula capace di carichi inferiori e da usare quando occorre». Salvatore Borrelli del Cira è responsabile dell'Unità Integrazione Tecnologie Ingegneria di Sistema di questo progetto. Ha spiegato inoltre che «il sistema per portare del carico su ha un volume limitato e al rientro c'è bisogno di una dimensione particolare per la presenza dello scudo termico che deve assorbire tutta l'energia del rientro. In questo caso lo scudo è pieghevole come una sorta di ombrellino che occupa poco spazio in partenza e si apre in dimensioni adatte al ritorno. Le prove a terra non potevano testimoniare che fosse resistente meccanicamente e stabile aerodinamicamente. Quindi abbiamo costruito un esempio in scala 1 a 2 ma aerodinamicamente uguale, e lo abbiamo spedito a 230 chilometri con un razzo sonda per le sperimentazioni in volo. A questo punto ci sono gli elementi provanti che la tecnologia funziona e che è possibile progettare la capsula finale».

Ecco perché Antonio Blandini, presidente del centro capuano, sostiene che «il Cira, con le sue attività di ricerca e sviluppo e le sue infrastrutture ha dimostrato di essere uno snodo essenziale per portare a maturazione tecnologie innovative. Il successo di questa missione di natura dimostrativa sarà foriero di ulteriori step che puntano a missioni ancora più ambiziose da compiersi attraverso una sinergia crescente tra i diversi attori che operano in campo aerospaziale». Il lancio di ieri mattina è un traguardo importante per la certificazione in volo sia di «Mini Irene» che della sua tecnologia, aprendone così l'industrializzazione con Space Factory e Marscenter, con il minisatellite Irenesat-Orbita. «Il rientro sub orbitale del prototipo aggiunge Raffaele Savino, responsabile scientifico di Mini-Irene Flight Experiment - ha consentito di verificare, nelle reali condizioni di volo, le nuove tecnologie concepite per lo sviluppo di futuri sistemi orbitali che avranno molteplici applicazioni sia in missioni in orbita bassa che in programmi di esplorazione spaziale. L'esperimento corona il lavoro sinergico di lunghi anni tra mondo dell'università, della ricerca e dell'industria della regione Campania».


«Il successo del lancio di Mini Irene è l'ultima e felice tappa di un percorso di sviluppo scientifico e tecnologico iniziato alcuni anni fa e fortemente sostenuto, sin dal primo momento, dal Distretto Aerospaziale della Campania», aggiunge il presidente Luigi Carrino. «Mini Irene propone tecnologie innovative e avanzate che sono il frutto dell'integrazione dell'eccellenza delle imprese organizzate da Ali e da centri di ricerca e università». Soddisfatto anche Giovanni Squame, presidente di Ali. «Per noi è un giorno importante. È un riconoscimento all'impegno, alla professionalità e alla caparbietà delle nostre maestranze, e un fondamentale contributo alla ricerca spaziale che viene dal Sud». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino